mercoledì 11 dicembre 2013
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La crisi ci morde ai polpacci. Si specchia nelle nostre tasche lucide a forza di strusciarci dentro la mano frugando alla ricerca di spiccioli. Non risparmia nessuno. Chi più, chi meno, dobbiamo fare e rifare conti che, sempre più raramente, tornano bene. Eppure: eccolo, arriva il Natale. Si prepara il menù del cenone, che non può mancare. Magari tagliando qualcosa, niente antipasti, un primo più sobrio, alici al posto della spigola. Ma può mancare il panettone? No, non può. E si continuano a lucidare le tasche, polverizzando tredicesime ancora di là da venire. Ma niente sprechi: ci stiamo attenti, noi.
Poi arriva una voce. E magari la sentissimo anche quando spingiamo il nostro pur smunto carrello del supermercato: e ci dice che «siamo di fronte allo scandalo mondiale di circa un miliardo di persone che ancora oggi soffrono la fame. Non possiamo girarci dall’altra parte e far finta che questo non esista. Il cibo a disposizione nel mondo basterebbe a sfamare tutti» . Ci dice questo e, soprattutto, ci invita a «smettere di pensare che le nostre azioni quotidiane non abbiano un impatto sulle vite di chi – vicino o lontano che sia – la fame la soffre sulla propria pelle».
Nel suo sostegno aperto, convinto, profondo alla Campagna contro la fame nel mondo che la Caritas Internationalis ha lanciato ieri, Papa Francesco, col suo videomessaggio, mentre ci ricorda che combattere, e vincere, questo flagello è possibile, ci dice anche che, attenzione, non è qualcosa che ci è estraneo. Non basta inorridire per lo scandalo, continuando a riempire il nostro carrello: è necessario che ciascuno di noi cambi. Che ciascuno di noi dica a se stesso che magari si può anche rinunciare a qualcosa, non è poi tanto difficile, e che la solidarietà non è un gesto astratto, comprare un panettone in più 'per i poveri', ma è condivisione, dividere il nostro, anche se, o quanto, a noi già sembra poco, o meno di prima. È il richiamo ad assumere l’atteggiamento di chi non vuole, non può, sente di non dovere girare la testa dall’altra parte. È un appello a interrogarsi su 'che cosa' non «il mondo», non «l’occidente», ma io, tu, ciascuno di noi, è disposto a rinunciare perché questo scandalo sia cancellato.
È una parola chiara che per non offre alibi a nessuna istituzione, a nessun governo, che sia tentato dall’allargare le braccia e continuare a tagliare fondi alla cooperazione e allo sviluppo. Ascoltando le parole di Francesco, torna una volta di più alla mente quanto Benedetto XVI, il 17 settembre del 2010, disse agli esponenti della società civile, del mondo accademico, culturale e imprenditoriale, del corpo diplomatico e delle diverse religioni incontrandoli nella Westminster Hall di Londra: «Quando è in gioco la vita umana, il tempo si fa sempre breve: in verità, il mondo è stato testimone delle vaste risorse che i governi sono in grado di raccogliere per salvare istituzioni finanziarie ritenute 'troppo grandi per fallire'.
Certamente lo sviluppo integrale dei popoli della terra non è meno importante: è un’impresa degna dell’attenzione del mondo, veramente 'troppo grande per fallire'». E davvero il tempo si fa breve. Per troppi, anzi, è già scaduto. Per altri milioni sta per scadere. La cosa drammatica, infinitamente triste, è che molti di questi ultimi ancora devono nascere. E il 2025, il tempo che la Caritas indica perché la fame del mondo scompaia, appare tragicamente lontano. E allora, forza. Seguiamo Papa Francesco per «dare voce a tutte le persone che soffrono silenziosamente la fame, affinché questa voce diventi un ruggito in grado di scuotere il mondo».
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