sabato 29 giugno 2013
COMMENTA E CONDIVIDI

​Forse l’Europa ha finalmente imparato ad avere paura. Paura che il tarlo della disoccupazione diventasse un male endemico in grado di minarne le fondamenta, paura che l’afasia del credito che attanaglia le piccole e medie imprese si trasformi in una lebbra finanziaria che divora ogni possibile crescita, paura – non nascondiamocelo – che la massa sempre più vasta di giovani senza lavoro si traduca nella chiamata alle urne del prossimo anno in un muto ma letale rimprovero alle classi dirigenti dell’Unione Europa che hanno saputo salvaguardare conti e decimali e molto poco la dignità e il lavoro di milioni di cittadini. Forse per queste ragioni il vertice dei capi di Stato e di governo che si è concluso ieri a Bruxelles allinea una non comune serie di successi nella lotta alla crisi che da sei anni flagella le nostre economie, guadagnando i leader dei Ventisette (tra pochi giorni saranno 28 con l’arrivo della Croazia) alla causa prima dell’occupazione. Un capitolo cruciale dell’agenda europea nel quale sarà impossibile per tutti non registrare l’azione del Governo italiano e l’esito fortemente positivo che è riuscita a conquistare e a imporre. Le cifre, per cominciare: i 6 miliardi previsti dal piano per l’occupazione al termine del vertice sono diventati 9, ma la quota italiana, originariamente stimata attorno ai 500-660 milioni di euro, sale – secondo il presidente del Consiglio Enrico Letta – «attorno a 1 miliardo e mezzo, praticamente triplicata, il che ci consente di aprire la seconda fase, il secondo pacchetto con il quale il governo ha intenzione di affrontare la lotta alla disoccupazione giovanile».

Altri fondi potranno rendersi disponibili dopo due anni, ma solo se l’Italia avrà dimostrato di sapere usare bene i primi. La paura dunque mosse i cuori dei leader europei? O si tratta di una misura di pura cosmesi? Le voci critiche in effetti non mancano, perché al di là del buon esito del vertice stiamo parlando di investimenti assolutamente modesti: basti pensare che il bilancio 2014-2020 della Ue su cui si è trovato l’accordo ieri è di poco inferiore ai 1.000 miliardi, e quei 9 miliardi destinati all’occupazione ne rappresentano dunque lo 0,9%. Ma poiché il bilancio Ue a sua volta costituisce l’1% circa del Pil europeo, quel grappolo di miliardi che l’Europa dei Ventisette assegna alla lotta contro la disoccupazione giovanile di fatto è meno dello 0,9% dell’1% della ricchezza europea. Un po’ poco, quasi un’elemosina secondo alcuni, o «una goccia nell’oceano», come dice Peer Steinbrueck, il leader socialdemocratico che sfiderà Angela Merkel alle elezioni di settembre in Germania. La quale – il realismo e il rigore della cancelliera ancora una volta ci soccorrono – si affretta a ricordarci come sia «falso pensare che in un anno e mezzo i quasi sei milioni di giovani senza lavoro beneficeranno di questa misura, ma noi dobbiamo mostrare anno dopo anno che facciamo dei progressi». Peraltro, senza il concorso delle imprese questi fondi non serviranno a nulla: per questo – concordano i leader della Ue, Enrico Letta in testa – ora gli imprenditori non hanno più alibi. In buona sostanza, l’Italia esce dal semestre di presidenza irlandese con la chiusura della procedura d’infrazione per deficit eccessivo e una rinnovata credibilità che ha consentito a Letta di mettere a segno una discreta vittoria anche sull’unione bancaria e un pareggio (così lo definisce con metafora calcistica il presidente del Consiglio) sul ruolo della Bei nel sostegno alle piccole e medie imprese, con un piano nazionale condivisibile che non minava i conti pubblici e non metteva in allarme gli arcigni guardiani nordici della virtù, come la Svezia, la Finlandia, l’Olanda, sempre diffidenti nei confronti del Mezzogiorno d’Europa, tanto da precipitarsi a limitare la capacità di investimento della Bei (la Banca europea per gli investimenti) nel timore che possa perdere la fatidica tripla A. Ma queste sono le piccole perversioni di una macchina lenta ed elefantiaca quale è l’Unione Europea, nel cui motore si alternano paure e egoismi, rivalità e incomprensioni, ma anche insospettati slanci vitali, che le fanno fare passi da gigante. Come forse è accaduto ieri.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: