sabato 21 settembre 2013
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A meno di un clamoroso scivolone dell’ultimo minuto, Angela Merkel domani sera salirà di nuovo in cattedra con quell’aria da maestrina goffa e impacciata che però sa mettere in riga anche gli allievi più riottosi. Tutti prevedono che "la Cancelliera" democristiana uscirà vincitrice dalle urne e si confermerà alla guida della Germania per il terzo mandato consecutivo, anche se c’è chi invita alla prudenza ricordando che la Cdu di Frau Angela ha sempre ottenuto meno voti di quanti gliene attribuivano i sondaggi. Ma il suo distacco dall’avversario, l’irruento e ruvido leader socialdemocratico Peer Steinbrueck, resta incolmabile, mentre l’unica grande incertezza di questa vigilia sembra riguardare la tenuta dei liberali, alleati di governo nell’ultima legislatura, che nei sondaggi oscillano attorno al 5%, la soglia necessaria per entrare in Parlamento.Comunque vada, non sarebbe un dramma perché la Merkel è pronta a varare una Grosse Koalition con il partito socialdemocratico come già fece dopo le elezioni del 2005, un’alleanza tra i due più forti partiti di destra e di sinistra che in Germania (a differenza che in Italia) viene ritenuta pressoché normale e oggi sembra essere l’ipotesi preferita dagli elettori. Il vero incubo che aleggia su Berlino è un altro e suscita una paura blu, come il colore dell’Afd (Alternativa per la Germania), il partito che si batte contro la moneta unica europea e intende promuovere un referendum per cacciare i Paesi del Sud Europa dall’euro oppure tornare al marco. Sottovalutato all’inizio della campagna elettorale, il partito anti-euro fondato da un ex esponente della Cdu ha coagulato un diffuso sentimento di protesta soprattutto negli ambienti più conservatori.Se l’Afd dovesse superare lo sbarramento del 5% e s’insediasse nel Bundestag l’intero quadro politico ne verrebbe sconvolto. La Costituzione tedesca infatti prevede che un deputato può chiedere alla Corte federale un giudizio sulla legittimità di qualunque provvedimento venga adottato in sede europea. I nostalgici del marco sarebbero così in grado di avere un effetto paralizzante sulle decisioni prese a livello comunitario. Eppure va riconosciuto che, a loro modo, i nemici della moneta unica hanno messo al centro del dibattito elettorale un argomento volutamente tralasciato dai grandi partiti di massa. Domani gli occhi di tutti gli europei saranno puntati su Berlino, in attesa di conoscere l’esito di un voto che sarà decisivo per l’intero continente. Il fatto paradossale è che, mentre in tutti i Paesi della Ue la Germania è oggetto di discussione, la campagna elettorale tedesca ha evitato la questione europea concentrandosi su problemi di ristretto interesse nazionale (il sempre più elevato costo dell’energia, l’aumento del salario minimo, i finanziamenti agli asili-nido). Invece sull’euro, sulle politiche d’austerità imposte al resto d’Europa e sulle strategie di rilancio economico si è preferito glissare, come se ci fosse una specie di tacito accordo tra destra e sinistra per non urtare la sensibilità degli elettori. In particolare die Mutti, la mammina, come viene affettuosamente chiamata Angela Merkel (lei che non ha figli…), è apparsa tranquilla e rassicurante, leader dell’unica grande nazione europea risparmiata dalla crisi, con un export da record e una disoccupazione ai minimi storici. Merito certo del Modell Deutschland, delle riforme del mercato del lavoro e della flessibilità introdotta nell’ultimo decennio. Ma anche di una moneta come l’euro che ha impedito le svalutazioni competitive dei Paesi più deboli, costretti a un rigore condotto spesso in modo dissennato e punitivo. Per "la Cancelliera" la parola d’ordine è sempre la stessa: alternativlos, non c’è alternativa, ha continuato a ripetere. Cambierà qualcosa da domani sera? L’Europa ci spera, ma non si fa illusioni.
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