mercoledì 3 giugno 2009
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In principio era l’etica, con alcuni buoni sentimenti, poi è venuto il gossip con pesante e diffusa malizia. Infine è maturata una guerra mediatica di tutti contro tutti, senza esclusione di colpi, con la fine della politica e numerose vittime innocenti. Così potrebbe riassumersi la straordinaria stagione di veleni che ha investito l’Italia sulla stampa, e alcuni media, per oltre un mese. A tal punto ci si è spinti che forse il desiderio della più gran parte degli italiani è uno solo, che la si smetta al più presto, si ponga fine a qualcosa che non ha precedenti, che avvilisce l’animo. La vicenda familiare (da cui prescindiamo del tutto) che ha originato lo tsunami mediatico poteva essere trattata con intelligenza, severità critica, garbo, perfino con finezza. Invece, sacrificate sull’altare della convenienza, queste virtù dialettiche sono state sostituite da faziosità, forzature infinite, cattivo gusto e, diciamo pure, da vere e proprie volgarità. Tutto ciò sui principali quotidiani italiani che da settimane vi dedicano cinque, sette, dieci pagine, ossessive, allucinate. Si è infranta una sorta di convenzione tacita, che consiste nel non infierire mai su questioni personali, familiari, sessuali, di personalità politiche o civili, più o meno importanti. Si tratta di una convenzione non omertosa, o reticente, ma fondata su qualche tratto di nobiltà: non voler degradare il dibattito a livelli infimi, evitare di intervenire su questioni personalissime di cui nessuno può essere giudice in coscienza. Forse non tutti hanno riflettuto sul fatto che infrangere questa convenzione può pesare sul futuro, quando ognuno si sentirà autorizzato a fare e dire ciò che si è detto e fatto in questi giorni, perdendo così l’equilibrio della ragione. Così agendo, l’imbarbarimento della vita politica è assicurato.Un altro guasto profondo si è verificato nella gestione dell’informazione di questa vicenda. Abbiamo visto l’Italia percorsa da agenti speciali, o inquisitori, per scoprire i peccati commessi, cercare il colpo definitivo da infliggere all’avversario; a loro si sono aggiunti altri colleghi anch’essi camuffati da cacciatori di scoop, per trovare peccati o colpe analoghe in campo avverso, ed esibirle di rivalsa. Parenti, amici, conoscenti dei personaggi principali sono stati tallonati, interrogati per poi ottenere quasi nulla. Lunghe interviste, con domande incredibilmente morbose (è un eufemismo), sono state pubblicate nonostante l’intervistato/a abbia risposto negativamente ad ogni richiesta e insinuazione. La distinzione tra reato e peccato, pure reclamata in tante occasioni, è stata azzerata con orgoglio. Si sono lette, su quotidiani prestigiosi, domande sessuali che avrebbero figurato bene nella stampa a luci rosse di un tempo. E non è escluso che qualche genitore abbia temuto che i figli minori le leggessero per poi chiederne conto, con spiegazioni, in famiglia. Indubbiamente dell’intera vicenda è responsabile chi ha cominciato, ma anche gli altri hanno voluto usare gli stessi strumenti credendo di conservare l’innocenza. In questa stagione di veleni e grossolanità pochi hanno conservato veramente l’innocenza. È bene dire con serenità e fermezza che non è possibile andare avanti così. Perché le vere vittime di quanto avvenuto siamo tutti noi, cittadini di ogni età e orientamento, inondati da un profluvio di fatti inesistenti, insinuazioni fasulle, volgarità a non finire, che sinceramente non meritiamo. Poiché la vicenda, come già rilevato su questo giornale, è iniziata con una ostentazione etica a favore della famiglia che stupiva (ma non convinceva), bisogna ricordare che tra le regole auree della vera moralità vi sono quelle di non calunniare, non guardare la pagliuzza nell’occhio altrui, e che può scagliare la prima pietra solo chi è senza peccato. Per questa ragione, la speranza degli italiani in questi giorni è una sola, per favore smettiamola subito, chiudiamo oggi stesso questo capitolo degradante dell’informazione che non onora nessuno, riprendiamo un cammino di civiltà (di questo si tratta, non d’altro) che salvaguardi valori etici e civili che riguardano tutti, senza eccezioni di sorta.
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