martedì 10 maggio 2011
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L'illegalità sociale presente nel nostro Paese ha la sua radice culturale in un clima di quotidiana inquietudine e di precarietà, che spinge a guardare sempre più al presente piuttosto che al futuro, divenuto troppo incerto per poter costruire ragionevoli progetti di vita. Ma l’illegalità che svuota il futuro di molti giovani, come di troppe imprese, finisce anche con il lasciare il deserto economico e sociale dietro di sé.La riflessione economica contemporanea ha ormai dimostrato con grande evidenza come il rispetto di regole sociali, quali l’onestà e la legalità, la condivisione di valori comuni, come la fiducia, il riconoscimento del lavoro come valore fondante del rispetto di sé, nonché qualità come la creatività, la tenacia e la sicurezza di sé nell’affrontare i problemi, siano le premesse centrali da cui è possibile promuovere un processo di sviluppo genuino, per le generazioni presenti e future.Queste qualità umane e virtù del vivere civile diventano patrimonio personale delle persone solo se assorbite quando si è molto giovani, quando cioè la famiglia è ancora il solo soggetto sociale rilevante che può trasmetterle ai figli: perché se l’ideale di un’eguaglianza delle opportunità deve essere una politica effettiva, e non solo una promessa politica, occorre riconoscere il fatto che la famiglia è il veicolo centrale, se non unico, di questa catena generazionale.Quando ciò non avviene e la famiglia entra in crisi, le conseguenze per la società diventano particolarmente pesanti, in termini di devianza e malessere sociale, come accade negli Stati Uniti, che detengono non invidiabili primati di criminalità e di giovani carcerati. Ma questo è quanto accade anche in alcune aree del nostro Paese, dove la famiglia è la soluzione e non il problema, come una lettura superficiale suggerisce ad alcuni.Nel 2008 in Italia la spesa sociale per la famiglia è stata solo dell’1,3% del Pil, contro il 2,5% della Francia e il 2,8% della Germania. I divari sono ancora più ampi per quanto riguarda le indennità di disoccupazione, una delle cause più prossime di devianza e malessere sociale. Ed è anche proprio grazie a questa rete di sostegno più forte ed estesa che Francia e Germania sono uscite molto più rapidamente dalla crisi, mentre le previsioni ufficiali di crescita per l’Italia restano al di sotto di quel 2% che recentemente il governatore di Bankitalia, Mario Draghi, ha indicato come soglia minima per una diminuzione tendenziale, ma equilibrata, del rapporto debito/Pil.Ma se appena si considerino le potenzialità inespresse del Sud appare invece chiaro come la questione del debito pubblico si intreccia in modo necessario, quasi confondendosi, con le questioni della legalità e dell’ordine pubblico. Il ministro degli Interni prende cioè decisioni che hanno in realtà rilevanti riflessi economici, così come il Ministero dell’Economia assume decisioni che in realtà hanno elevati riflessi sociali e conseguenze sulla legalità.È compito del coordinamento della politica fare in modo che questo reciproco intreccio, spesso inconsapevole, sia indirizzato al bene comune del Paese. Il vincolo della finanza pubblica per interventi di natura sociale, per la famiglia e l’occupazione dei giovani, deve prendere sul serio i grandi costi economici e sociali che criminalità e malessere sociale impongono, e quindi recuperare risorse sia dall’evasione fiscale che da una riduzione delle elevate posizioni di rendita tuttora presenti. Restituendo alle imprese, che spesso con le famiglie si confondono perché da esse prendono origine e hanno forza, un orizzonte di scelte industriali e di prospettive di crescita.
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