Economia circolare, nuovo modello di sviluppo europeo
mercoledì 23 settembre 2020

Caro direttore,

il gran tema dell’economia circolare è al centro da tempo dell’attenzione di "Avvenire", mi sembra utile aggiungere alcune riflessioni da giurista che di recente ha affrontato, nella sua prospettiva culturale, lo studio del tema. Anzitutto l’economia circolare non può essere confinata nel cono d’ombra della tutela ambientale o dei modi di gestione dei rifiuti. La sostenibilità, che è l’orizzonte in cui deve essere collocata, è in effetti uno sguardo diverso sulla realtà che impone di affrontare in modo interconnesso i temi dello sviluppo economico, dell’occupazione e della coesione sociale secondo la prospettiva indicata dall’Agenda Onu 2030.

La chiave di volta di tale orizzonte è la necessaria dimensione intergenerazionale di ogni politica pubblica, non solo quella ambientale ma anche quelle economiche e sociali. La regolazione giuridica deve necessariamente impedire che la soddisfazione dei bisogni e la garanzia dei diritti delle generazioni attuali pregiudichino la possibilità delle generazioni future di godere dei propri. La proiezione verso i diritti delle generazioni future era già presente, non a caso, in una delle prime definizioni di sviluppo sostenibile, quella contenuta nel Rapporto Brutland del 1987.

Il dispiegarsi di tale dimensione comporta inevitabilmente il sorgere di responsabilità individuali e collettive sull’utilizzo efficiente delle risorse e la loro preservazione. Gli stessi attori economici devono assumere una responsabilità sociale quanto agli impatti ambientali e la sostenibilità dei propri processi produttivi. In tale prospettiva, il futuro non è più solo una dimensione da progettare e da colmare di senso, ma diventa anche un tesoro da custodire per chi ne sarà protagonista. La sfida di tale modello è quella di coniugare competitività economica, risposta alle grandi emergenze ambientali e coesione sociale. In realtà, tali obiettivi non sono concepiti quali momenti antagonisti: l’affermazione del paradigma non produce ad esempio un arretramento della concorrenza, ma un’integrazione, nelle sue dinamiche, delle istanze ambientali e sociali.

Il metodo per affrontarla è quello, suggerito dall’Agenda 2030, dell’interconnessione degli ambiti di intervento ma anche quello della collaborazione attiva e proficua di attori pubblici e privati, singoli e collettivi. È solo attraverso tale sinergia obbligata di territori di azione e di attori coinvolti che sarà possibile ottenere risultati convincenti. Si tratterà di muoversi verso quello «scopo etico comune» di cui parlava Al Gore nel celebre scritto "L’assalto alla ragione" e con quella responsabilità sociale e collettiva verso l’ecosistema di cui parla papa Francesco nella Laudato si’.

L’affermazione del paradigma dell’economia circolare avrà inoltre significative implicazioni sul modello di sviluppo europeo e sulla ridefinizione dell’identità dell’Unione. La direttrice obbligata non sarà solo quella, più tradizionale, di un maggiore equilibrio fra coesione sociale e tutela della concorrenza nel mercato; si tratterà piuttosto di una ridefinizione complessiva del modello europeo di sviluppo che accrescerà la propria competitività e i propri livelli occupazionali proprio attraverso un modo nuovo di progettare e di produrre beni di consumo, incrementandone il ciclo di vita, la durabilità e i tempi di utilizzo. Si tratterà, peraltro, di un modello più coerente con la tradizione costituzionale europea, caratterizzata dalla garanzia dei diritti sociali e dell’equità sociale.

La stessa strategia sottesa alla distribuzione degli ingenti fondi di Next Generation Eu va in tale direzione, condizionandone l’assegnazione a disegni di riforma e di rilancio che hanno al centro la sostenibilità e l’implementazione del modello dell’economia circolare.

Attraversare la pandemia ci ha insegnato, oltre a toccare con mano la nostra profonda vulnerabilità, come sia necessario inaugurare un modo nuovo di relazionarsi con l’ecosistema e i beni di consumo. Oltre a frutti avvelenati, speriamo che la crisi sanitaria produca un rinnovamento profondo del nostro modo di rapportarci con il Creato.

Docente di Diritto dell’ambiente e dell’energia sostenibile, Università di Parma

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