sabato 18 maggio 2013
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La storia è vera, bella e singolare. Non capita tutti i giorni di venir a sapere che una nostra eccellente ricercatrice universitaria, specialista di filosofia classica (Aristotele e Platone e il loro rapporto col mondo arabo) e ovviamente precaria presso una delle nostre più antiche università, vinca un concorso internazionale da duecentomila dollari. Né che a metterli sul piatto sia stato il monarca saudita re Abdullah che, al fine di far conoscere la cultura araba nel mondo e alimentare lo spirito di pace fra i popoli, offre una montagna di denaro non a un campione di calcio o di canzonette, bensì a chi è in tutt’altre faccende affaccendato. Anzi, 'affaccendata': perché la protagonista di questa storia vera che pare una favola da Mille e una notte (è il caso di dirlo) è Cecilia Martini Bonadeo, vicentina, 39 anni, tre figli piccoli e una grandissima passione: la filosofia, quella 'soda'. Cecilia parte da una bella laurea a Padova. Poi, un giorno, leggendo in una nota a margine della difficoltà della traduzione in arabo della filosofia dell’essere di Aristotele, comincia a desiderare di poter affrontare questa avventura. In lunghi anni di studio 'matto e disperatissimo', ci riesce: oggi, oltre all’italiano, padroneggia quattro lingue straniere fra le quali l’arabo, imparato a Venezia e perfezionato a Damasco, partecipa a progetti di studio e ricerca ad alto livello (come Greek into Arabe) che coinvolgono il Cnr, l’università di Pisa e quella di Bochum (Germania) e nel contempo insegna all’Università di Padova due discipline: Storia della Filosofia araba (come 'esperta di chiara fama' per pura passione e completamente gratis, da dieci anni), e Lingua e Letteratura araba (come docente precaria a contratto annuale). Spera che a fine giugno, stavolta, quel contratto diventi qualcosa di più stabile: se non altro perché, nel frattempo, con la traduzione in italiano di un’opera del filosofo arabo medievale al-Farab dal titolo L’armonia in Platone e Aristotele, ha vinto il concorso internazionale da duecentomila dollari promosso e finanziato dalla fondazione culturale saudita che porta il nome del re e che, per valorizzare al massimo il suo carattere internazionale, lo assegna ogni anno in una capitale diversa (prima Berlino, quest’anno Brasilia). Si tratta, dicono i promotori, di favorire la pace fra i popoli, le culture, le 'diversità' attraverso gli strumenti di fondo: conoscenza e rispetto reciproci. Ho tre figli, dice Cecilia Martini, e voglio per loro un futuro di pace. Come poi faccia la nostra professoressa a tener testa a famiglia, insegnamento e studio non si sa. «Il fatto è che più fai più faresti», risponde con un sorriso disarmante. Ma quante ore studia al giorno? «Tante: e comunque fino alle sedici e trenta» (quando va a riprendere i bambini a scuola). «Se poi 'resto indietro', recupero dopo cena». Fin qui la storia vera che pare inventata. Una storia di eccellenza culturale: italiana, ma anche araba e greca, che quasi nessuno conosce. Invano ne cercheresti traccia nel nostro servizio pubblico di informazione: ogni tg trabocca di notizie pessime (violenza, ignoranza, pregiudizio); migliaia di minuti sono dedicati a calcio, spettacolo, cucina, cronaca nera e cronaca rosa, scandali e polemiche di ogni genere; ma delle eccellenze, italiane e anche straniere, collegate al nostro ormai multietnico e interculturale Paese, niente di niente. ​
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