mercoledì 11 maggio 2016
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IL CASO DEGLI UNIVERSITARI COLTI A RAPINARE UNA VILLA E ntrare di notte, forzando la serratura, in una villetta isolata. Muoversi per le stanze, fino a scovare duemila euro custoditi in un mobile. Poi un rumore, la proprietaria che accende la luce e prova a fermare gli intrusi, che la terrorizzano puntandole una pistola prima di fuggire su una 'microcar'. Un copione tipico delle cosiddette 'rapine in villa', andato in scena ad aprile a Sacrofano, cittadina alle porte di Roma. Roba da malviventi incalliti, potremmo pensare, se non fosse che stavolta la banda era composta da quattro ventenni, tre ragazzi e una ragazza, incensurati ma evidentemente decisi a mettersi qualche soldo in tasca improvvisandosi 'studenti-rapinatori', anziché 'lavoratori' come migliaia di coscienziosi coetanei. I quattro avevano scelto come bersaglio la casa di un compagno d’università, violando insieme al codice penale un vincolo d’amicizia, così importante in un’età in cui si cresce mescolando lo studio a confidenze, innamoramenti e goliardate. I Carabinieri, aiutati dalla signora che li aveva riconosciuti, ci hanno messo poco ad arrestarli per rapina aggravata, sequestrando una pistola ad aria compressa e alcuni grammi di marijuana. Ma l’episodio ha lasciato tutti, uomini dell’Arma compresi, con l’amaro in bocca. Un tempo, i vent’anni erano un punto di svolta, in cui il passaggio all’età adulta avveniva rapidamente, sotto la spinta delle responsabilità che bussavano alla porta. Oggi, invece, per molti la giovinezza è un indefinito presente da vivere alla giornata, nella convinzione che l’appuntamento con l’età dell’impegno si possa rimandare a vantaggio di gratificazioni immediate e a volte dannose, come il consumo di alcol o droghe. Un saggista romeno ha scritto che «la più grande tragedia avrà inizio quando i giovani non vorranno più cambiare il mondo». Confidiamo che quel giorno non arrivi mai. Nel frattempo, però, bisognerà trovare chiavi di risposta per evitare le tragedie d’ogni giorno, quelle in cui certa gioventù bruciata de noantri, lasciata sola coi suoi problemi, compie gesti sbagliati di cui avrà tempo per pentirsi. «A vent’anni si è stupidi davvero – recita un verso del cantautore Francesco Guccini –, quante balle si ha in testa a quell’età». In quel limbo esistenziale, quella linea d’ombra in cui pulsioni sbagliate e cattivi esempi possono prendere il sopravvento sul buono che c’è in ogni ragazzo, servono genitori attenti, educatori in ascolto e amici sinceri. E, soprattutto, valori sani e testimoni credibili, che mostrino con la propria vita, e non a chiacchiere, ciò per cui vale veramente la pena di ardere. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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