domenica 29 settembre 2013
COMMENTA E CONDIVIDI
«Io celebro me stesso e canto me stesso», scriveva Walt Whitman nel 1855, e gli americani devono averla presa come una licenza a bandire la modestia. Più di 150 anni più tardi, anche dopo che Facebook ha globalizzato il narcisismo e i reality show hanno 'democratizzato' la celebrità, gli Stati Uniti restano i primatisti dell’autoelogio, gli esperti della lettera di motivazione enfatica, i campioni dell’autopromozione. Naturalmente ci sono dei limiti e non tutti gli americani si sentono a loro agio a sciorinare i propri successi. Ma in una cultura popolare dove il vanto non è di cattivo gusto, pochi sembrano provare l’istintiva avversione (sarà europea?) di fronte all’ennesimo invito imbonitore arrivato via email: scarica il mio articolo! guarda il mio seminario! segui il link al mio blog! ascolta la mia intervista!
Spiazza allora l’entusiasmo con cui da qualche mese sui quotidiani, nei talk show e sui siti più frequentati statunitensi si parli di 'umiltà'. Oggetto di commenti e dibattiti non è la virtù astratta, bensì la concretissima umiltà di papa Francesco, ogni cui parola viene accaparrata con avidità e rilanciata dai media americani, provocando profonde riflessioni e non poche distorsioni («Il Papa è liberal», strillava l’altro giorno l’ Huffington Post , mentre il gruppo pro-aborto Naral «ringraziava» pubblicamente il Pontefice). Ma se le singole parole si possono perdere nelle traduzioni, o nelle strumentalizzazioni, ad arrivare immancabilmente intatto attraverso l’Atlantico è il tono di Francesco, che i commentatori hanno inalato a pieni polmoni come un insperato soffio di aria fresca di cui non sapevano nemmeno di aver bisogno.
A colpire unanimemente editorialisti, opinionisti e blogger «è la dolcezza del suo timbro, la mitezza del suo atteggiamento – come ha scritto Frank Bruni nell’ostentatamente anti-cattolico New York Times . – È la rivelazione che un uomo può indossare la più imponente delle mitrie senza che la sua testa si gonfi per riempirla, che può ricoprire un incarico al quale si collega il termine 'infallibile' senza dimenticare i suoi limiti». Un paio di media laici hanno fatto notare, sorpresi, che il nuovo Pontefice sta toccando i cuori e attirando le folle con i suoi «sussurri». Come è possibile? Forse il Papa ha scoperto il segreto della comunicazione? «O forse c’è da guadagnarci tutti a essere un po’ più umili?», s’interrogava Jon Keller sulla Cbs. «In un mondo dove avidità e orgoglio si tengono per mano nel buio, cosa in Francesco lo fa apparire come un luminoso segnale di speranza?», si chiedeva un editoriale dell’Houston Chronicle . Domande che tradiscono uno strano senso di sollievo, insieme alla stanchezza di doversi prender sempre sul serio, non mostrarsi mai incerti, di dover costruire un’immagine fatta di tweets arguti e di giudizi feroci
 «Con poche parole, papa Francesco ci ha bloccati tutti nelle nostre vite piene di sé», notava Ruth Marcus sul Washington Post . Alcuni autori di blog hanno cominciato persino a chiedersi perché nessuno se ne sia accorto prima. Perché, ad esempio, gli elettori non si siano ancora stufati di un sistema politico che premia i bulli e i vanagloriosi. «L’umiltà del presumibilmente infallibile è una lezione di valore per noi semplici mortali», si legge sul Los Angeles Times , dove persino Elton John, non certo un modello di semplicità, è arrivato a dire che «Francesco è un miracolo di umiltà in un’era di vanità».
La patria dell’autostima e della 'leadership' non smetterà all’improvviso d’insegnare ai bambini ad alzare la mano più in alto degli altri o di votare per i politici che sanno vendersi meglio. Ma forse la brezza fresca che soffia da Roma mostrerà che c’è un’altra via, che si può essere un 'leader' senza doverlo strillare ai quattro venti. Qualcosa è nell’aria se persino la urlata Fox News prediceva che «con le sue parole e le sue azioni, il Papa ci sta mostrando come l’umiltà può ispirare una cultura» e invocava «un approccio più umile, meno stridente, in politica come nel giornalismo, che forse aiuterebbe tutti noi a far capire meglio i meriti delle nostre posizioni». Chissà che quel qualcosa non sia davvero contagioso, di qua e di là dell’Atlantico.
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