martedì 7 maggio 2013
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Intelligente e opportuna la nomina nel governo Letta del ministro Cécile Kyenge, per il duplice lavoro che potrà portare avanti, quello a favore di una giusta integrazione degli immigrati nel nostro Paese e soprattutto quello contro i pregiudizi xenofobi e razzisti che ancora pervadono alcune parti della nostra società civile. È però soprattutto un altro il punto su cui è bene richiamare l’attenzione, per quel che concerne la nomina di Kyenge (alla quale sotto questo profilo va affiancata la nomina – altrettanto significativa – del ministro Josefa Idem). Abbiamo ora nell’elenco dei ministri del nostro governo due persone (che siano due donne fa piacere, ma è sotto questo profilo del tutto irrilevante) la cui identità civile è nettamente distinta dall’identità nazionale. Si tratta infatti di due cittadine italiane, la cui identità nazionale però non è italiana: è congolese per Kyenge e tedesca per Idem. Ciò non toglie che del tutto correttamente Kyenge abbia dichiarato di ritenersi italo-congolese: ma in tal modo essa ha fatto riferimento esclusivamente a una sua situazione psicologica soggettiva, perché non esiste una nazionalità italo-congolese, così come non esiste una cittadinanza di questo genere (analogo discorso possiamo evidentemente farlo per chi volesse ipotizzare una nazionalità o una cittadinanza italo-tedesca).Se vogliamo chiamare "italiani" coloro che hanno la cittadinanza italiana, Kyenge e Idem sono italiane al cento per cento (mentre non lo sono i ticinesi che hanno la cittadinanza svizzera); se invece chiamiamo italiani coloro che sono di nazionalità italiana, né Kyenge né Idem sono italiane, ma lo sono i ticinesi. In altre parole, la nomina di questi due ministri dovrebbe aiutarci tutti a capire quanto sia rilevante la distinzione tra Stato e Nazione, struttura politica la prima, realtà storico-valoriale la seconda. Si tratta di due dimensioni diverse, che il nazionalismo otto/novecentesco ha cercato in tutti i modi, ma invano, di far coincidere, a volte anche – e purtroppo – attraverso pratiche di inaudita violenza, come quelle della "pulizia etnica".Oggi dovremmo essere tutti avvertiti di due cose importanti (e la nomina di queste due donne ministro può aiutarci in tal senso). La prima è che nell’Italia repubblicana, caratterizzata istituzionalmente dal primato del principio di laicità (un supremo principio del nostro ordinamento, come affermò in una celebre sentenza la Corte Costituzionale), le strutture dello Stato cui è affidato il potere politico non possono né devono identificarsi con strutture eminentemente non politiche, come quelle nazionali (alle quali possiamo affiancare strutture religiose, linguistiche, educative, culturali...). La seconda cosa, ancor più importante, che dobbiamo capire è che la laicità politica dello Stato non può né deve essere interpretata come indifferenza e meno che mai come ostilità nei confronti di identità e pretese, pur se particolaristiche, di carattere nazionale, religioso, linguistico, ecc. Lo Stato infatti ha bisogno di queste strutture meta-politiche, perché da esse può assorbire dimensioni valoriali che da solo non è in grado di elaborare: si tratta di un autentico e prezioso processo di apprendimento, che non è però a senso unico, in quanto a sua volta lo Stato ha la possibilità, anzi il dovere, di "insegnare" alle strutture meta-politiche il principio del rispetto reciproco e della reciproca conoscenza.In questo senso, il lavoro del ministro Kyenge (ma anche, in diversa misura, quello del ministro Idem) non dovrà essere inteso semplicemente come difensivo, cioè come rivolto alla giusta tutela delle tante minoranze presenti nel nostro Paese, ma piuttosto come finalizzato a un allargamento di orizzonti, di cui tutti coloro che vivono e lavorano in Italia (comunque cittadini, anche se non sempre cittadini italiani) hanno un estremo bisogno.
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