martedì 18 ottobre 2016
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Caro direttore,  il rapporto Migrantes sull’esodo di italiani all’estero ha posto di nuovo e con forza a tutti noi una domanda secca sugli scenari: con la fuga di giovani quale futuro attende il Paese? Se è fisiologica una percentuale di giovani che scelgono altre nazioni per completare il proprio percorso formativo o per motivi lavorativi, è invece preoccupante un tasso crescente di fuga. 

Sotto i riflettori vanno le criticità interne dell’Italia che presenta sintomi in parte comuni a molti Paesi dell’Occidente ma spesso più accentuati: la scarsa mobilità sociale, il difficile ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, un mancato ricambio tra le competenze e le abilità – quello che oggi chiamiamo anche noi il know how – in uscita dalla nostra Penisola, dove assistiamo a un ampliamento della forbice tra Nord e Sud. Se, infatti, il Nord compensa ciò che perde grazie ai giovani meridionali che si trasferiscono nelle regioni centrosettentrionali, le regioni del Sud, invece, non intercettano flussi migratori ad alta professionalizzazione, per cui registrano una perdita secca. L’esodo dei giovani dal Mezzogiorno – secondo lo studio svolto dal Censis per Confcooperative – si traduce in una duplice fuga di talenti: sia di quelli che si sono laureati al Sud e vanno a lavorare al Centro-Nord o all’estero, sia di quelli che, dopo il diploma, preferiscono le università del Centro-Nord a quelle del Mezzogiorno.

Un depauperamento che pesa per oltre 5 miliardi di euro, sempre secondo il Censis. Questo fenomeno dei 'giovani in marcia' è l’ulteriore specchio del Paese a due velocità. Solo nel 2013 ben 26mila laureati delle università del Mezzogiorno hanno preso la strada delle regioni centrosettentrionali, mentre altri 5mila laureati hanno lasciato il Sud per andare all’estero. In un solo anno 31mila laureati hanno deciso di spendere altrove le competenze acquisite, determinando, in questo modo, un ulteriore impoverimento del Mezzogiorno.

Un investimento senza ritorno per il territorio se pensiamo che la spesa per ciascuno studente sostenuta dalle istituzioni pubbliche dalla scuola primaria fino alla laurea è pari a 108mila euro (stima Ocse), il mancato ritorno dell’investimento realizzato dal nostro Paese è di 2,8 miliardi per coloro che si sono trasferiti dal Sud al Nord e di 540 milioni di euro per chi è andato oltre confine. Invece, per quanto riguarda gli iscritti, nell’anno accademico 2014-15 gli studenti meridionali che hanno frequentato le università del Centro-Nord hanno raggiunto la cifra di 168.000 giovani. 

Considerando il valore medio delle tasse universitarie pagate dalle famiglie, l’«esodo» degli studenti del Mezzogiorno nell’ultimo anno ha prodotto una perdita di risorse per il sistema universitario meridionale pari a 122 milioni di euro. Le università del Centro-Nord hanno beneficiato di un valore aggiuntivo, determinato dal pagamento delle tasse universitarie, pari a 248 milioni di euro, creando in questo modo una spesa aggiuntiva per le famiglie del Mezzogiorno pari a 126 milioni di euro (le tasse universitarie negli atenei del Centro-Nord sono mediamente più alte).

La proiezione di questo trend a dieci anni porta un effetto di impoverimento delle università meridionali che supera il miliardo di euro, un aumento della spesa per le tasse universitarie sostenute dalle famiglie pari a 1,2 miliardi e una disponibilità di risorse aggiuntive per le università del Centro-Nord che raggiunge quasi 2,5 miliardi. Sommando questi dati a quelli della fuga dei laureati, il sistema-Sud perde in termini economici oltre 5 miliardi di investimento diretto e soprattutto registra un’uscita secca di know how che non viene sostituito in alcun modo e peserà sulla competitività futura. 

 Tutti questi dati segnalano l’urgenza di interventi che ristabiliscano le chance di competizione del Mezzogiorno, che non è un deserto ma ha molti possibili punti di forza da valorizzare. Per sfuggire a questa deriva occorre preservare la dimensione e il valore dei fattori di sviluppo, evitando dispersioni. Come cooperazione siamo pronti a fare la nostra parte. È una sfida che chiama tutti alla responsabilità: istituzioni, imprese, il sistema dell’istruzione, dell’università e della ricerca che è imprescindibile se si persegue l’obiettivo di collocare un territorio sulla frontiera tecnologica e dell’innovazione.

*presidente Confcooperative

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