sabato 7 marzo 2009
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Caro Direttore, ho ricuperato da Avvenire del 4 febbraio la notizia data da mons. Crociata, segretario generale della Cei, che il prossimo «parlamentino» episcopale di marzo affronterà le modalità di costituzione e di gestione di «Un fondo per le famiglie in difficoltà. Il sottotitolo precisa: iniziativa in spirito fraterno per dare aiuto ai nuclei che non ce la fanno». Mi sembra che il problema, in questa fase di difficoltà economica e finanziaria, meriti una profonda attenzione da parte del mondo cattolico, sia per quello che si può fare in quanto Chiesa e in quanto singoli credenti, sia per risvegliare, come si faceva con i quaresimali di una volta, la società civile nel suo complesso, a cominciare da chi vive nelle istituzioni, sulla necessità di purificarsi e di rinnovarsi attraverso l’esperienza di una Quaresima forse più lunga di quella liturgica, ma orientata a una Pasqua non solo religiosa, ma anche civile. Sappiamo tutti, con maggiore o minore competenza economica, che la crisi non è venuta dalla natura, come un’alluvione, ma da comportamenti quanto meno imprudenti e imprevidenti, ma anche egoistici e predatori. Si sono mangiate anche le sementi e si è mandato il conto alle nuove generazioni. Se ne uscirà gonfiando ancor più, non sappiamo ancora di quanto, il debito pubblico, che non è stato fatto negli ultimi mesi, e che costituisce una barriera nei rapporti fra le generazioni e insieme l’effetto e la causa di fenomeni distorsivi nel dialogo educativo. Dal Quirinale è venuto un segnale importante, con un consistente taglio del bilancio, che implica anche una quarantina di corazzieri in meno. La cosa dovrebbe indurre tutte le istituzioni a fare uno straordinario esame dei propri privilegi o quanto meno del proprio relativo benessere, in rapporto al bisogno degli altri. Una volta si parlava di decime. Già il mondo del volontariato fa molto per aiutare chi ha bisogno e non si contano i bollettini di conto corrente che arrivano nelle nostre case. Tuttavia si può, forse si deve fare di più, in maniera coordinata, con adeguata pubblicità. Quando gli operai vogliono sollevare insieme un peso rilevante, si aiutano con la voce a esprimere tutti insieme uno sforzo che sia utile. Anche per questo straordinario impegno sarebbe necessario che venisse da qualche voce forte e autorevole un: «Oh, issa»!

Luciano Corradini

Come avrà avuto modo di notare, gentile professore, nelle settimane successive all’annuncio del vescovo Crociata, segretario generale della Cei, si sono moltiplicate le notizie di diocesi che hanno avviato iniziative a sostegno delle famiglie più provate dagli effetti della crisi economica. Creazione di fondi, accordi con banche, interventi della Caritas, per arrivare fino ai vescovi – quelli dell’Umbria – che hanno devoluto alla solidarietà con chi è nel bisogno una mensilità del loro – peraltro non lauto – stipendio. Nessuno può negare che la Chiesa si sia mossa con solerzia, mobilitandosi per sovvenire, al meglio delle sue possibilità, ai bisogni più urgenti. Si può però far finta di non accorgersene, insistendo a dare visibilità sui media solo a ciò che può essere addebitato come negativo – vero o artefatto che sia –, ma la gente vede come vivono e operano i suoi preti e anche da questa circostanza trarrà elementi per giudicare secondo verità. Certo le dimensioni della crisi sono così esorbitanti che non è pensabile di poterle compensare con la buona volontà e la generosità delle comunità cristiane, però sono convinto che queste iniziative al di là dei risultati materiali, contribuiranno a definire la bussola da seguire per individuare i comportamenti virtuosi che, reclamati ora a gran voce, dovranno essere mantenuti e consolidati nel momento in cui la crisi cesserà di mordere brutalmente il Pianeta. Parsimonia, sobrietà, prudenza, fiducia e solidarietà sono termini evocati sempre più spesso come necessità inderogabili per avere un’economia sana. Importante che chi sta al governo sappia guidare il Paese con fermezza, acume e lungimiranza – quella che si può esercitare quando si è nel pieno della tempesta –. Alla sua credibilità concorrerebbe indubbiamente una presa di posizione risoluta sulla riduzione drastica di quanto nella spesa dello Stato è ascrivibile a privilegio o rendita indebita, a partire dall’aspetto più evidente e irritante, gli emolumenti e i 'benefit' dei parlamentari e dei membri degli organismi costituzionali, per scendere a cascata a Regioni e Province. Altre idee sono tutte benvenute. Certo è che, come emerge nitidamente dalla sua lettera, siamo realmente tutti sulla stessa barca: tenerla a galla è il migliore servizio che possiamo rendere anche a noi stessi.

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