sabato 1 settembre 2012
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Rosaria non ha ancora sessant’anni. Sta morendo. Di cancro. Ha voluto al suo capezzale un prete. Il suo parroco non c’è, è andato in pellegrinaggio a Lourdes. Si è recato ai piedi dei Pirenei per chiedere alla Regina della pace di intervenire in questa triste storia in cui siamo stati intrappolati e dalla quale non riusciamo a venire fuori. I parenti di Rosaria sono venuti a chiamare me. Sono corso da lei. Da questa sorella fino a ieri sconosciuta. Fa terribilmente caldo. Le porte sono spalancate, almeno fino a quando non arriverà il puzzo di bruciato. Allora bisognerà correre a chiuderle in fretta. Lei il condizionatore d’aria non ce l’ha. Solo un ventilatore in un angolo tenta di mitigare l’afa. Mi incantano i suoi occhi. Enormi. Belli. Vivi. Mi colpiscono le sue mani affusolate con le unghie ben curate. Lo smalto rosso sgargiante contrasta con il bianco delle lenzuola e il pallore del suo volto. Capisco che chi le vuole bene fa di tutto per distrarla. Mi accoglie con riconoscenza. È contenta che le abbiano trovato un prete. Non riesce a parlare ma capisce tutto. È stremata. Preghiamo insieme. La ungo con il santo olio degli infermi. Poi, chiama a raccolta le sue forze e mi sussurra: «Sono stanca… sono stanca…». Come un tristissimo, struggente ritornello ripete queste parole decine di volte. È stanca Rosaria. Tutti siamo stanchi. Stanchi e increduli per la lentezza con la quale le autorità competenti stanno affrontando il dramma dei roghi tossici che continuano ad avvelenarci. In Campania, ormai, si muore di cancro più che altrove. La gente è terrorizzata. Ha esercitato il diritto al voto fidandosi di coloro che si proponevano, promettendo di risolvere i problemi di questa terra. Promesse non mantenute. Forse ha dato troppe deleghe in bianco. Certamente non è stata capace di vigilare abbastanza perché lo scempio non avvenisse. Forse, perché in fondo non è propriamente vero. Le campagne a cavallo delle province di Napoli e Caserta sono state negli anni passati lacerate, smembrate da orribili superstrade realizzate per facilitare il trasporto e il commercio. Questo smembramento delle campagne ha permesso ai furbi, ai disonesti, ai criminali di raggirare gli ostacoli per sversare ogni tipo di immondizie industriali e tossiche. Il popolo era ben distante da quelle periferie. La vita cittadina si svolgeva altrove. Queste arterie, senza pedaggio, spesso senza luce, incontrollate, senza forze dell’ordine né videosorveglianza sono state e sono tuttora terra di nessuno. Chiunque poteva, e ancora può, scorazzarci a piacimento e agire indisturbato. Non c’era e non c’è alcun sistema satellitare per controllare almeno il movimento dei tantissimi camion strapieni di rifiuti da smaltire a poco prezzo, illegalmente, contro ogni obbligo legale e fiscale. Chiunque poteva e ancora può fare quello che vuole. Il rischio che si corre è quasi zero. Da questa assurda situazione la Campania non uscirà senza l’intervento dello Stato centrale. Non è il momento di cedere a inutili e sterili localismi. Tutti siamo preoccupati per questa nostra terra, per le donne e gli uomini che la abitano. Tutti la amiamo. Proprio per questo non bisogna cedere a formalismi e a puntigli. Se c’è da arrossire in volto e chiedere scusa, lo vogliamo fare. Se c’è da chiedere aiuto, lo vogliamo implorare. Se c’è, per amore dei fratelli, da andare a piedi, con il sacco e con la cenere in testa sino alla porta di qualunque Istituzione, ci vogliamo andare.Questo territorio è in coma e noi abbiamo il dovere di richiamarlo in vita. Lo ripetiamo oggi che la Chiesa italiana celebra, come un impegno e un monito, la Giornata per la salvaguardia del creato. La gente muore. È una lenta, inesorabile strage. Rosaria sta morendo. Se ne va per sempre, consumata dal cancro. Ha subito un furto. Un terribile furto. La hanno rubato vita. Che anche la sua morte non sia vana.
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