Cooperazione, antidoto alla deriva selettiva
venerdì 17 aprile 2020

Tra gli effetti della pandemia c’è anche la sua incidenza sulle relazioni sociali che hanno visto paradossalmente due effetti contrastanti della paura da essa provocata: l’allontanamento e l’avvicinamento delle persone, sia pure in modo virtuale.

Come faceva notare il sociologo Pier Paolo Donati su queste pagine mercoledì scorso, 8 aprile 2020 («Forza e qualità delle relazioni, i rischi di una deriva selettiva»), la pandemia ci ha mostrato che le relazioni sono la stoffa del sociale e contengono una loro ambiguità potendo generare il bene e il male. Nella parte finale della sua analisi Donati osservava che un nuovo virus potrebbe essere alle porte, ispirato a una cultura selettiva di tipo darwiniano nelle relazioni sociali per selezionare la popolazione da orientare nella società. L’antidoto a questa possibile deriva è una cultura che punti su una relazione rispettosa delle persone.

Nella visione cristiana, Dio è relazione di Persone. La relazione è una modalità di esistere di tutti i corpi Nell’uomo la relazione si fa cosciente e ha una ambivalenza, potendo realizzarsi in modo collaborativo o competitivo. La storia dell’uomo viene vista da molti studiosi come storia di conflitti, di guerre, di lotte per il potere, per conquistare terre e assoggettare popoli. Il darwinismo è una chiave di lettura della storia della vita sulla terra che vede nella lotta per l’esistenza, nella competizione, nella eliminazione del diverso, il motore della evoluzione della vita. La selezione naturale che si realizza mediante la lotta per l’esistenza viene vista come il gran demiurgo della evoluzione.

Oggi nel campo della scienza le cose si vedono un po’ diversamente, anche da parte di scienziati darwinisti. Qualche anno fa Martin Novak sulla rivista Science (2005) ha sostenuto che la cooperazione, insieme con i fattori genetici e con la selezione naturale, ha avuto un ruolo fondamentale nella evoluzione della vita. Novak illustra anche le diverse forme di cooperazione nel mondo dei viventi che rappresentano un fattore evolutivo.

Per quanto riguarda l’evoluzione umana, nel Paleolitico i grandi spazi a disposizione per la caccia non richiedevano competizioni fra i gruppi umani. Nel Neolitico, con l’organizzazione del territorio, le guerre di conquista sono diventate una istituzione, ha osservato Gordon Childe, ma si sono anche intensificate le forme di cooperazione all’interno dei gruppi umani e fra gruppi.

L’importanza della cooperazione nella storia della vita e dell’uomo è riconosciuta da molti scienziati da Keith a A. Huxley, Dobzhansky, Campbel, Eibl–Eibesfeldt, Sahlins, per non parlare di Teilhard de Chardin, che vede nella storia evolutiva dell’uomo e nel suo futuro una crescita di socializzazione a livello planetario.

Guardando al futuro la preoccupazione espressa da Pier Paolo Donati per una cultura imperniata sulla competizione, con il prevalere delle nuove tecnologie comunicative e con l’intento anche di schiavizzare l’uomo modificandone la mente, appare legittima. Per il futuro da costruire, dunque, la dimensione cooperativa nella relazione sociale è quella che può offrire maggiori garanzie. L’impiego delle moderne tecnologie contiene i rischi di una cultura selettiva all’insegna del guadagno o dell’ambizione di gruppi o di popoli. Un impoverimento della relazione sociale è prefigurabile con le applicazioni della intelligenza artificiale che tendono a sostituire l’uomo aprendo gli scenari del transumano e del postumano. Una relazione rispettosa delle persone è invece richiesta anche nelle applicazioni della robotica e della cibernetica con esclusione di qualunque manipolazione della mente.

Il prevalere della tecnica e di interessi a essa connessi, a scapito dell’umano, rappresenta davvero un grave e concreto rischio per l’umanità. Solo una relazione di rispetto della persona e di collaborazione fra le persone è garanzia per il domani.

Sacerdote, professore emerito di Antropologia dell’Università di Bologna

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