Cinque parole per far festa e cambiare il mondo
mercoledì 23 dicembre 2020

Stiamo vivendo tutti un momento molto complicato. Ci sentiamo più fragili, più vulnerabili. Siamo in un tempo sospeso, ma guai se lo considerassimo tempo perso. In queste ultime settimane mi è capitato di pensare ad altri momenti difficili che abbiamo attraversato. La mente è tornata agli anni 70, alla paura vera che provocava il terrorismo. In una città come Torino ogni giorno qualcuno veniva colpito. Quanto dolore, quante famiglie spezzate, quanto sangue! Vivevamo un senso profondo di incertezza, ci chiedevamo quando tutto sarebbe finito. In quegli anni complicati sentii che non potevamo permetterci di rinunciare alla speranza.

Ci inventammo così degli incontri pubblici, di solito nelle piazze, chiedendo alla gente di venire, di rompere il cerchio della paura, di gridare con il loro silenzio, di pregare con noi. Li chiamammo "Pomeriggi di speranza" e non era una proposta consolatoria. Io vedevo il terrorismo già finito, sentivo che dovevamo raccogliere le energie migliori per ricostruire il dopo, per rimarginare certe ferite. La profezia di un arsenale di guerra trasformato in Arsenale della Pace in fondo è stata uno dei frutti di quella stagione.

Oggi siamo in una situazione diversa, è sbagliato fare confronti. Eppure, come allora, sento che dobbiamo cominciare a pensare al mondo che verrà.

Nessuno si senta escluso! Ognuno faccia ricorso ai propri ideali, alla propria creatività, alle migliori risorse interiori e si chieda concretamente che cosa è disposto a fare. Riscoprire per esempio la nostra responsabilità pubblica, rilanciare il nostro impegno per il bene comune. A livello mondiale, riflettere di più sulle persone a cui affidiamo responsabilità, sulle scelte in tema di ecologia, di immigrazione, di sviluppo, di pace. Avere il coraggio di rilanciare la lotta contro le ingiustizie, contro la fame, contro le disuguaglianze. Chiedere un intervento serio in tema di cambiamenti climatici. Il mondo ci appartiene, è la nostra casa non ne abbiamo un’altra. Il cortocircuito del Covid può essere una lezione che bussa alla nostra porta, per ritrovare l’essenza del nostro vivere.

Credo che in questo tempo più che mai abbiamo bisogno di riscoprire e vivere cinque parole che, se accolte, possono cambiarci, maturaci, renderci migliori: trasparenza, gratuità, disponibilità, passione, fraternità.

Trasparenza: in ogni ambito della nostra vita personale e comunitaria, che significa onestà, mai più ruberie, autenticità, integrità della nostra persona...

Gratuità: uno spazio, un tempo e qualcosa di noi stessi da condividere, perché tutto abbiamo ricevuto da Dio e tutto può essere diviso.

Disponibilità: perché la gente ha bisogno di trovare un porto sicuro, persone pronte all’ascolto, a non guardare l’orologio, a farsi interpellare da "imprevisti" che possono diventare appuntamenti con noi stessi, con la storia, con Dio.

Passione: la scintilla che non ci farà essere tiepidi e indifferenti, ma pronti a metterci in gioco veramente, pagando di persona se necessario, con un fuoco sempre acceso dentro, alimentato da grandi ideali.

Fraternità: il modello di vita dei primi cristiani, un esempio attualissimo in un tempo in cui ci siamo riscoperti tutti interconnessi. Un mondo fraterno dipende solo da noi.

Se cominceremo a vivere tutto questo, camminando scopriremo sempre di più anche la presenza di Dio: la sintesi di una vita intera. Il Natale ce la mostra con una sfumatura particolare. Dio è con noi, ma sceglie di nascere in povertà, è indifeso, fragile, manca di tutto, ha bisogno di noi. Noi possiamo amarlo e prenderci cura di Lui, desiderando con tutte le forze di cambiare vita, ora, subito per mostrare che è possibile volersi bene, è possibile perdonarsi, è possibile trovare il buono e il bello nell’altro che irrompe nella mia esistenza, perché ogni cosa che accade è una ricchezza possibile. Se fossimo saggi, faremmo a gara per nascere di nuovo e finalmente vivere il nostro autentico Natale.

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