sabato 18 aprile 2009
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Caro Direttore, vorrei cercare di comprenderci sulla "laicità". Viene affermato che lo Stato è laico e penso che nessuno lo metta in dubbio. La Repubblica italiana non è come le repubbliche islamiche, dove il Corano è anche legge dello Stato. L’articolo 8, comma 1 della Costituzione afferma: «Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge». L’articolo 2: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale». In ciò trovanofondamento, tra l’altro, la libertà di pensiero e di parola anche per le varie espressioni della comunità ecclesiale. Ma c’è chi vorrebbe tappare la bocca a Papa e vescovi quando proclamano gli insegnamenti di Cristo, principi e valori che possono avere una valenza sociale, civile e quindi anche laica. Marxisti, laicisti, verdi, liberali, liberisti, libertari gridano all’ingerenza della Chiesa negli affari interni dello Stato italiano. Ma allora c’è o non c’è libertà in Italia? Come mai tanta paura di fronte a quelli che si presentano come appelli alla coscienza dei credenti e di quanti sono disposti a prestare loro ascolto? La Chiesa non ha "divisioni corazzate", per imporre la sua volontà. La cultura laicista ha la maggioranza nel Paese e nel Parlamento? Se così è può provare a introdurre legalmente anche l’eutanasia, come già fatto con divorzio e aborto. La grande avversione al «Vaticano» – come dicono – è atteggiamento antico che puzza di massoneria mista a una dose di satanismo anticristiano. Sbandierano sempre la libertà, ma questa è a senso unico; se potessero tapperebbero totalmente la bocca a chiunque la pensa diversamente da loro. Tentano forse di far dimenticare che certe ideologie liberticide del XX secolo hanno regalato funeste dittature. Solo una laicità vera realizzerà quei 'doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale' e il rispetto dell’altro che sono alla base di una vera democrazia.

Giancarlo Maffezzoli, Garda (Vr)

Sulla «vexata quaestio» della laicità sarebbe ora di calare un deciso sipario e un’altrettanto decisa parola «fine» . È venuto il momento di dire basta a polemiche strumentali e inutili. In merito, chiarissime sono non soltanto la Carta Costituzionale, ma anche l’esperienza e la prassi politica di sessant’anni di democrazia, i cui princìpi sono stati a lungo condivisi dalle diverse tradizioni culturali presenti nella nostra storia, da quella cattolica a quella socialista fino ai cosiddetti « laici » , eredi del liberalismo risorgimentale, minoritario ma sempre attivo. Tutto ciò era stato riassunto nel motto cavouriano « Libera Chiesa in libero Stato » , valido tutt’oggi e declinato in termini attuali nell’articolo 1 dell’Accordo di modifica del Concordato del 1984: « La Repubblica italiana e la Santa Sede riaffermano che lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, impegnandosi al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti ed alla reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese » . Dove la novità, rispetto all’ 800, sta nelle ultime parole: la causa dell’uomo esige non solo distinzione ma collaborazione. Resta comunque da chiedersi se tale lezione, ormai condivisa, sia stata veramente metabolizzata da certi ambienti ad esempio quelli che hanno più rappresentanza nei media, che sembrano allergici a ogni forma di presenza dichiaratamente cristiana nella società. Ambienti radicaleggianti in cui circolano idee come quelle di una pretesa ed esclusiva « laicità » della cultura e del sapere. Una concezione per la quale « laicità » viene fatta coincidere con « neutralità » – della scienza e del pensiero – che però, in realtà, non è affatto tale, ma ha come indicatore comune l’ostilità nei confronti della religione. Noi continueremo a prendere la parola, con pacatezza, ogni qualvolta ci parrà che il nitido proposito concordatario sia contraddetto e osteggiato, convinti che il bene del nostro Paese – il terremoto dell’Abruzzo fornisce l’ennesima conferma – si alimenta del rapporto corretto, fiducioso e cordiale di Chiesa e Stato.
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