mercoledì 15 maggio 2013
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Difficile esser chiari. E più difficile restarlo quando si è circondati da una danza quotidiana che D va dal «Non mi sono spiegato» al «Sono stato frainteso» fino all’immancabile «Scherzavo». Il tutto a spruzzare irresponsabilità e faciloneria nel nostro inaridito giardino quotidiano. Non per ricordare i bei giorni andati, ma c’è stato un tempo in cui le parole contavano maggiormente e, più erano chiare e serie, più avevano valore. Le strade maestre erano tracciate da studio e rigore, le certezze erano figlie dell’antica, nobile, faticosa sete di sapere. Sì, c’è stato questo tempo. Oggi la sete resta, ma sempre minacciata e spesso travolta dalla bramosia d’informazione, spettacolare nevrosi quotidiana che, passando per canali tv, stazioni radio, giornali e siti online, trova piena espressione di sé su grandi e piccoli schermi senza soluzione di continuità. Il turbine che ne esce continuamente insidia, nel moltiplicarsi delle voci, ogni semplicità e chiarezza. Ma poi, se vado ai Vangeli leggo: «Il vostro linguaggio sia: Sì, sì: no, no. Il superfluo viene dal maligno» (Mt 5, 37). Leggo anche: «Io ho parlato apertamente al mondo... di nascosto non ho mai detto nulla» (Gv 18,20). Sono parole come queste che ci avvertono del pericolo di vivere in un «superfluo» permanente. Che invitano a esser chiari per essere onesti e stare nella verità. Che ci ricordano come gli 'essenziali' non mutino anche se, a dominare il nostro linguaggio quotidiano, sembrano essere ormai soltanto il Pil, lo spread, il deficit, il debito, il calo delle vendite, il calo dei tassi, le perdite di competitività, i 'minimi storici': il tutto a valanga e senza tregua. E tuttavia, a guardar fuori di casa nostra, dove e come consolarsi?
Gran parte del Nord Africa in tumulto, la Somalia devastata dalla guerra e dalla fame, la lotta fratricida che distrugge la Siria mentre miseria, malattie, desolazione si diffondono da un mare all’altro dell’Africa centrale. E si può, naturalmente, continuare. Certo la Storia è complessa, alimentata da guerre, rivoluzioni, crisi non facilmente dipanabili, e da idee contrapposte, instabilità e pericoli continui. Con ragioni e spiegazioni che il più delle volte restano inesplicabili. Eppure, mai sono state in campo tante bocche d’informazione deputate a chiarire ciò che non lo è. Mai la comunicazione è stata così diffusa e capillare. Mai i linguaggi sono stati così numerosi. Mai tanti hanno avuto tanta libertà di parola. Ma nel diluvio verbale che ne deriva si dovrà pure poter distinguere, si dovrà pure riuscire a separare la solarità del grano dall’oscurità del loglio. Si tratta di cercare. Se per esempio si scorrono i discorsi, i messaggi, le omelie, le lettere papali di questi ultimi anni si vede quanto Benedetto XVI abbia sempre perseguito la strada della chiarezza. E se si guarda allo stile di comunicazione di papa Francesco, quella chiarezza la si ritrova come pane spezzato da distribuire a tutti. Per la chiarezza era, ad esempio, Indro Montanelli. Per lui chi non scriveva chiaro era confuso, lo ripeteva sempre e implicitamente accusava tanti colleghi, tanti giornali di essere confusi. E la Storia, a suo dire, era così poco e mal conosciuta perché era sempre stata scritta in modo oscuro e ambiguo da professori e accademici. In letteratura l’oscurità è spesso di casa. Il poeta provenzale Marcabruno me lo ricordo insondabile. Non molto da meno il pur grande Ulisse di Joyce. E anche la nostra Divina Commedia,
tanto amata, unica e mirabile, è spesso impervia. Ma se in letteratura va così, l’informazione non dovrebbe, al contrario, cercare sempre la chiarezza? Il direttore del primo Panorama , Lamberto Sechi, diceva che il suo lettore aveva 14 anni a qualsiasi età e, a scanso di equivoci, gli si doveva spiegare tutto. Barack Obama, e aggiungere: 'presidente degli Stati Uniti', sempre. Noi non possiamo ricordare tutto ciò che leggiamo e sentiamo. Non è nella natura umana. Leggiamo e selezioniamo di continuo. Poi accantoniamo, poi dimentichiamo, per nostra fortuna e salvezza. Ma molto di quanto leggiamo e sentiamo non ci resta in mente perché grigio, confuso, non coinvolgente. E a renderlo tale è spesso il fatto che chi scrive o parla non fa nulla per andare incontro a chi c’è dall’altra parte. Manca di altruismo, di comprensione del prossimo. Il 'Sì, sì. No, no' del Vangelo gli è ignoto. Gli è ignota l’onestà dell’esser chiari, dunque la verità.
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