martedì 6 agosto 2013
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Il bene è diffusivo di sé. Il buon seme prima o poi fruttifica. Le vie di Dio sono fantasiose e sorprendenti. Tutte affermazioni che spesso ripetiamo e nelle quali sinceramente crediamo. Ma avere ogni tanto una prova della loro verità - lo ammetterete anche voi - allarga la mente e il cuore. Ecco la mia piccola storia. Nell’estate del 1971, a poca distanza dal nostro doposcuola, si trovava in vacanza una famiglia del Pakistan, ospite di conoscenti. Il signor Bajwa, alto e dalla gentilezza inglese, dava assistenza agli immigrati pachistani in Svizzera, in qualità di iman della moschea di Zurigo. La signora passeggiava portando sempre il velo sui capelli. Il piccolo Yahya (Giovanni, in italiano) aveva dieci anni e giocava con i ragazzi del posto. Le famiglie dalle quali i Bajwa si rifornivano di latte e uova, li conoscevano come «quelli che non tirano il collo ai polli», nel rispetto delle regole islamiche.Col signor Bajwa ebbi garbate discussioni di carattere religioso. Yahya venne a insegnare un po’ di tedesco ai miei ragazzi. Avevamo programmato una gita in Olanda e qualche espressione tedesca ci avrebbe fatto comodo - così motivai le lezioni - se ci fossimo persi nella Foresta Nera. A settembre ci fu la gita e la prima tappa fu Zurigo. Dormimmo tutti nella moschea: sedici persone tra ragazzi e accompagnatori. Dalla famiglia Bajwa ci accomiatammo dopo una "sostanziosa" colazione anglo-pachistana. In seguito, abbiamo perduto i contatti.Pochi giorni fa uno sconosciuto ha bussato alla mia veranda: pelle scura, barba corta e brizzolata, tenuta da motociclista. Le sue prime parola: «Mi riconosci?». Ovvio che no. Ma quando ha aggiunto: «Sono Yahya», ci siamo abbracciati con grande trasporto. I genitori di Yahya sono morti. Lui, divenuto insegnante, ha conservato una base in Svizzera. La maggior parte della sua attività si svolge però in Pakistan. Lì ha fondato, con un gruppo di collaboratori, scuole materne per bambini orfani o di famiglie indigenti, corsi di formazione per donne fuggite dai maltrattamenti, convitti scolastici per le ragazze. I servizi scolastici sono aperti sia a cristiani che a musulmani. «Ci siamo accorti però - aggiunge Yahya - che le scuole venivano frequentate solo dalle ragazze di famiglie benestanti. Allora io ho pensato: qui bisogna adottare una soluzione simile a quella realizzata a Càssego col doposcuola. E ha funzionato». Dunque, concludo a questo punto dentro di me, un bambino di dieci anni di oltre quarant’anni fa ha capito intenzioni e finalità del doposcuola e, al tempo opportuno, vi ha trovato ispirazione e stimolo per affrontare i problemi.Potete ben capire, credo, la mia sorpresa e la mia gioia. Ci siamo scambiati informazioni, indirizzi e pubblicazioni. Ma, soprattutto, abbiamo constatato che non si è mai interrotto - grazie a Dio - un legame di fraternità seminato quarantadue anni fa. Se mi è permesso dirlo, siamo già nel tema della prossima Giornata della Pace. «Un’ultima cosa, - mi dice Yahya partendo - ricordo che non sono riuscito a insegnare ai tuoi ragazzi la corretta pronuncia di Mädchen (bambina)». Lo ricordo anch’io, caro Yahya, ma sono sicuro che andrà a buon fine la lezione che oggi hai dato a me (e ai lettori di questo giornale).
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