lunedì 9 dicembre 2013
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Caro direttore,
sono abbonato ad "Avvenire" da vari anni e il mio rinnovare, anno dopo anno, l’abbonamento è di per sé indice di quanto apprezzi il giornale, in tutte le sue componenti. Mi piace anche la nuova veste grafica: mi ha suscitato nuovi stimoli nella ricerca delle varie informazioni. Ma... una cosa non ho apprezzato, anzi! Fino al 3 dicembre scorso, inizialmente in prima pagina poi in seconda, compariva la foto di Asia Bibi: la sua vicenda veniva giustamente ricordata a tutti e invitava a un pensiero e a una preghiera per lei e per tutte le persone che si trovano, per il solo motivo di essere cristiane, in condizione di precarietà o addirittura in pericolo. E il pensiero andava subito dopo a tutti coloro che soffrono ingiustamente senza neanche avere “la colpa” di essere cristiani. Con la nuova veste grafica la vicenda di Asia Bibi è stata “spostata” in ultima pagina. So benissimo che quanto scriverò tra un secondo non corrisponde a verità, ma l’impressione immediata che ho avuto è che tutto succeda come se si volesse, piano piano, dimenticare il problema. Auguro a lei e a tutti coloro che collaborano per l’ottima riuscita del giornale un sereno Natale.
Ferruccio Fontanella, Firenze
Dimenticare Asia Bibi? Tanti l’hanno purtroppo fatto, caro signor Fontanella, e troppi altri mai hanno cominciato a occuparsi della vicenda di questa ancora giovane cattolica pachistana. Noi di “Avvenire”, cronisti e lettori insieme, non siamo tra costoro. E quel “contagiorni” di carcere è, era e resterà la testimonianza di una memoria dolente eppure mai rassegnata. Dura da 1.634 giorni l’ingiusta, disumana prigionia di una madre di cinque figli condannata a morte per “blasfemia” a causa della sua fede cristiana; dura da altrettanto la speranza che condividiamo con (e per) questa sorella di fede che è stata inchiodata quasi 4 anni e mezzo fa alla condizione di detenuta in vana attesa di un giudizio riparatore. Abbiamo ragionato, nel corso della riflessione sulla riorganizzazione delle nostre pagine, su quale fosse il modo migliore per continuare a dire di Asia Bibi a tutti, per aiutare la memoria e suscitare – come lei giustamente nota – pensieri e preghiere. E abbiamo ritenuto che fosse cosa buona aprire la “finestra” quotidiana a lei dedicata nella totalmente rinnovata e visibilissima ultima pagina, tra il “Dulcis in fundo” e la piccola testata di “Avvenire” che sovrasta quella che in gergo giornalistico si chiama “gerenza”. Mi spiace che lei abbia pensato a una sorta di retrocessione, perché l’intenzione è esattamente opposta. E le sono grato, perché mi ha dato l’occasione di spiegare tutto questo. A un anno esatto dalla pubblicazione sulla nostra prima pagina di una emozionante lettera dalla prigionia di Asia, ci consente di rilanciare il nostro appello a porre fine al tormento suo (e di tanti come lei in ogni parte del mondo) e a una situazione che non fa onore a un Paese importante come il Pakistan. Scriveva Asia nel testo da noi pubblicato l’8 dicembre 2012: «Prego in ogni momento perché Dio misericordioso illumini il giudizio delle nostre autorità e le leggi ristabiliscano l’antica armonia che ha sempre regnato fra persone di differenti religioni nel mio grande Paese. Gesù, nostro Signore e Salvatore, ci ama come esseri liberi e credo che la libertà di coscienza sia uno dei tesori più preziosi che il nostro Creatore ci ha dato, un tesoro che dobbiamo proteggere...». Grazie, caro signor Ferruccio, continui a seguirci con esigente amicizia e, soprattutto, continui a pensare con noi e tantissimi altri ad Asia e a pregare per lei. Perché le sia resa giustizia e venga finalmente restituita ai suoi figli e a suo marito.
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