martedì 3 marzo 2020
Da quasi due settimane il nostro Paese è investito da un’emergenza che da sanitaria è diventata sociale, economica e soprattutto psicologica. All’incertezza derivante dall’impatto del virus ....
Coronavirus: è il tempo di una vera responsabilità

Ansa

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Caro direttore,
da quasi due settimane il nostro Paese è investito da un’emergenza che da sanitaria è diventata sociale, economica e soprattutto psicologica. All’incertezza derivante dall’impatto del virus sulle nostre vite private e pubbliche si sovrappone una preoccupazione di carattere collettivo e di sistema, che si autoalimenta a prescindere dai dati oggettivi e dalle indicazioni di medici e scienziati. Una preoccupazione reale che merita la massima attenzione nel rispetto delle indicazioni del personale medico e della politica. Fin dai primi giorni è stato chiaro che la vera crisi non è il Coronavirus mai suoi effetti indiretti sulla tenuta del Paese: – sul sistema sanitario che rivela le sue debolezze, dopo anni di privatizzazione e indebolimento delle strutture, e che oggi viene sottoposto ad uno stress-test immane; – sulla scuola, spesso già affaticata nella sua organizzazione didattica ordinaria; – su economie interconnesse e fragili, che dipendono in modo strutturale dalle relazioni internazionali, e il turismo su tutte. Molte imprese, le associazioni sindacali, professionali e di categoria, il mondo cooperativo hanno iniziato – già al terzo giorno dallo stop – a conteggiare i possibili danni di questa nuova crisi, facendo proiezioni apocalittiche e in modo indistinto su tutti i comparti produttivi e di servizio.

Pur comprendendo le preoccupazioni che oggi angosciano tanti attori economici riteniamo che il ruolo delle imprese civili non possa esaurirsi solo nella contabilità dei danni e nell’enfatizzazione degli allarmi. È questo il momento di dimostrare che lo Stato siamo noi. E che la responsabilità sociale di impresa non è solo uno strumento di marketing, ma è una pratica reale che si attiva soprattutto nel momento della crisi: dimostrando attenzione ai beni comuni (la salute), praticando una comunicazione corretta, attivando azioni concrete rivolte alle persone più fragili, valorizzando un sistema fatto da imprese, famiglie, organizzazioni ed enti che diventino protagonisti di una nuova e indispensabile solidarietà.

Ci ha colpito la testimonianza di Mahmoud Ghuniem Loutfi, rider torinese che per riconoscenza verso il Comune che lo ha accolto ha comprato, in proprio, mascherine per la Croce Rossa locale. Non ha pensato al proprio danno, ma si è chiesto che cosa poter fare per la sua comunità, e quindi anche per se stesso. Per le persone e imprese sane è arrivato ora il momento di tirar fuori generosità e creatività, di praticare buon senso e ragionevolezza. Nessuno si salva da solo, nessuna impresa si salva da sola. Servono nuove reti, relazioni di reciprocità, percorsi di mutuo sostegno, tra imprese del Nord e del Sud, nei territori e nelle città. È questa la grande occasione per diventare adulti, meno emotivi e scomposti di come ci vorrebbero certi media. E forse, davvero civili.

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