sabato 18 maggio 2013
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Gentile direttore,
anche “Avvenire” ha scritto e commentato in più occasioni a proposito del problema degli “esodati” e di tutti quelli che si sono ritrovati “sospesi” a un passo dalla pensione dopo la riforma Fornero, ma attraverso il suo giornale vorrei ringraziare in modo speciale Chiara Oldani che giovedì sera ha affrontato a “TgTg” su Tv2000 il problema disoccupazione parlando con efficacia anche degli “over cinquanta”, perché tutti parlano della disoccupazione giovanile che è effettivamente un grosso e grave problema, ma è doveroso porre l’accento sulla disoccupazione di tutti quelli che – come me – dopo anni di occupazione e professionalità si ritrovano ora senza più un ruolo, una professione, e spesso sono sfruttati. È un dramma nel dramma. Quante persone sono alla disperazione a causa di tutto questo? Non ho mai detestato nessuno, ho sempre avuto rispetto per i nostri governanti, ma onestamente mi trovo in condizioni direi drammatiche a causa di una legge articolata da una persona che non immagina nemmeno lontanamente in quale e quanta disperazione ha precipitato tante altre persone, proprio come è accaduto a me. Sono al punto che ogni volta che la signora (ex) ministro Elsa Fornero compare per un qualche motivo in tv mi provoca crisi di ansia che non riesco a contenere… A 57 anni ho dovuto reinventarmi un lavoro e – ringraziando Dio – sto lavorando, ma con enorme fatica e non credo di poter svolgere la mia attuale occupazione fino ai 67 anni decretati.
Perché lavorare come “badante” operatrice socio sanitaria, alla mia età è veramente molto penalizzante eppure ringrazio di poterlo fare, perché come contabile-ragioniera per me non esiste più nessun tipo di possibilità, eppure conosco due lingue, so usare il pc... ma... Grazie, dunque, all’economista Oldani per la sensibilità dimostrata, perché ha testa e cuore. Non l’ho vista piangere in diretta, ma le sue parole mi hanno commossa. Signora Fornero, se può contribuire, anche da ex ministro, a porre rimedio al disastro provocato dalle sue meravigliose leggi, lo faccia, perché – mi creda – con le sue scelte ha causato a tante persone disperazione. Voglio credere con tutte le mie forze che lei non fosse consapevole di ciò che stava provocando; capisco che c’era bisogno di una riforma, ma non doveva essere così penalizzante per chi era a un soffio dal traguardo agognato e sperato. Io avrei potuto andare in pensione tra due anni, e ci sarei arrivata perché altri due anni dopo una vita di lavoro non sono impossibili, anche come “badante”, ma dieci e alla mia età, come posso sperare di raggiungere il traguardo? Spero che il Parlamento e il Governo aiutino a risolvere questo grosso problema e quello di tanti altri nella mia situazione.
Maria Cristina Torello, Biella
 
Do spazio molto volentieri e con grande solidarietà al suo argomentato “grazie” alla professoressa Oldani e ai colleghi di Tv2000, cara signora Torello. Credo, infatti, che la sua voce e la sua storia – dure eppure senza asprezze e, proprio per questo, coinvolgenti – possano aiutare un po’ tutti noi a tenere gli occhi bene aperti sulle condizioni di tante e tanti tra i nostri concittadini. Proprio come la voce e la storia che ha fatto risuonare ieri, in questa stessa pagina e in questo stessa collocazione, la lettera con la quale la signora Muzzin ha illuminato la situazione in cui, in questo nostro Paese, si ritrovano da anni e con crescente eppure tenace “fatica di vivere” molte famiglie con figli.
L’ingresso e l’uscita dal mondo del lavoro, un equo trattamento previdenziale (soprattutto, aggiungo, delle donne lavoratrici che lavorano sempre il doppio: in casa e fuori…), il sostegno alla famiglia con figli come “fabbrica del futuro” di una società sono i temi che lei e l’altra nostra lettrice avete sollevato di nuovo e con grande efficacia, con parole persino emozionanti. Si tratta di emergenze grandi e vere, che meriterebbero finalmente ogni priorità nella risposta. Uso malvolentieri e in modo polemico il condizionale.
Perché una risposta, o almeno un inizio di risposta, è semplicemente un atto dovuto. E questo è molto chiaro a chiunque viva e conosca davvero il Paese reale. Purtroppo, però, da non pochi di coloro che oggi ci rappresentano in Parlamento continuiamo a registrare segnali distratti se non proprio, mettiamola così, divaganti e anche altamente divisivi. Tanto più strano visto che questo nuovo Parlamento è abitato da molti “eletti” che sono tali per aver promesso un concreto cambio di passo e di stile nel fare politica.
Tanto più sorprendente visto che in una fase come l’attuale, che obbliga a una straordinaria convergenza tra avversari, è indispensabile mettere all’ordine del giorno ciò che serve a tutti e non quel che preme solo a qualcuno o a qualche agguerrita lobby.
Spero tuttavia, gentile signora, che questo suo appello – che non è affatto solo suo – venga ascoltato. E questo perché comprendo totalmente la sua preoccupazione a proposito dei «dieci anni» di lavoro che dovrà continuare a cercare e a inventarsi, ma soprattutto perché ammiro la forza e il coraggio con la quale, a 57 anni, è tornata a rimboccarsi le maniche: da qualificata impiegata a competente “badante” perché il lavoro, ogni lavoro, dà sempre dignità a chi lo svolge, non solo sostentamento. Ma dignità e giustizia vogliono anche che nessuna persona sia costretta a vivere come un «dramma», dopo una lunga vita di lavoro, un tempo supplementare all’insegna dell’incertezza e della precarietà e, come nel suo caso, con un’occupazione che ragionevolmente sente di non poter sostenere a lungo.
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