giovedì 30 maggio 2013
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Caro direttore,
sabato 25 maggio è stato un giorno memorabile per la Chiesa italiana e per l’intera Nazione. A Palermo, è stato beatificato «3P» (come amava farsi chiamare), Padre Pino Puglisi. Un semplice prete che con estremo coraggio decise di dire sempre la verità contro coloro che amano la menzogna, e attraverso di essa si circondano di potere e consensi, portando le loro menzogne a divenire "verità", in alcuni casi quasi religiose, per tanti giovani e adolescenti. Padre Pino Puglisi non ci stava, egli era prete e sapeva che il Vangelo non è fatto per la menzogna, ma deve contrastarla, deve dire la verità, quella con la "V" maiuscola. «3P» sapeva che questa verità lo avrebbe portato verso la morte, ma non si è fermato perché la verità era semplicemente il Vangelo di Cristo. Non era un eroe, don Pino, ma solamente un uomo coerente con il Vangelo. Non voglio affatto sminuirlo, ma voglio esaltare la potenza del Vangelo troppo spesso dimenticata da noi cristiani. Aver beatificato don Pino, caro direttore, è un segnale grande e forte nella lotta contro la mafia. È dire che esiste un Vangelo sociale, e che pensarlo e viverlo non è roba da catto-comunisti, ma è essenziale e vitale per il bene della Chiesa e della società. È dire che esiste un Vangelo anti-mafia. È dire ufficialmente che la lotta alla mafia, all’illegalità, alla violenza, è un "fatto sacro", che deve coinvolgere ogni cristiano. È dire a coloro che non si dicono cristiani che, forse, il Vangelo appartiene loro più di quanto pensano; che la potenza rinchiusa in quelle parole può far compiere cose che altre culture neppure si sognano di raggiungere. Noi cristiani dobbiamo interrogarci dinanzi al gesto della beatificazione di don Pino e dirci chiaramente che fa parte di noi vivere certe dinamiche e dobbiamo risvegliarci, risvegliare anche i pastori – sacerdoti e vescovi – su questo fronte. Ne siamo autorizzati, la beatificazione di don Pino è la sacralizzazione della lotta alla mafia e all’illegalità. Potrei scrivere pagine intere, con frasi del Vangelo o citazioni della Dottrina sociale della Chiesa che motivano ciò, ma a cosa servirebbe? Come uomo e come cristiano so che c’è un Vangelo nuovo da riscoprire vivendolo, che ci impegna in una relazione con Dio, ma necessariamente anche a una relazione con l’altro e con la società, affermando e denunciando ciò che va detto e denunciato. Una canzone cara e spesso cantata in tante assemblee giovanili sempre mi fa riflettere e lascia un po’ perplesso, non sono convinto che sia vera del tutto. Dice «Nulla ti turbi, nulla ti spaventi, solo Dio basta». No, caro direttore, Dio non basta, non basta affatto: la nostra è una religione della relazione, non intimistica dove sto bene io con Dio e basta. La nostra è una fede aperta all’altro. Nella mia esistenza, illuminata o buia che sia, se non cerco Dio e gli altri non vivrò nulla a pieno. Grazie «3P», grazie Padre Pino Puglisi perché ci hai aperto la strada a convincerci che esiste un Vangelo sociale: anti-mafia, anti-illegalità, anti tutto ciò che è contro la bellezza di noi uomini.
Massimiliano Arena - Servizio diocesano per la pastorale Diocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo animatore del Progetto Policoro
Dio basta, caro Massimiliano. Dio basta sempre, a ogni uomo, a ogni donna, a ogni comunità. E dove noi Lo portiamo con la nostra vita, dove noi incarniamo la Parola che ci ha dato, lì c’è umanità piena, lì c’è la giustizia, lì c’è la pace. Sappiamo ciò che è bene e ciò che è male, lo sappiamo in modo "intimo" e perciò "totale", e non c’è menzogna – non c’è mafia – che tenga. Con Lui o senza di Lui cambia tutto, davvero. Per questo Padre Pino Puglisi ha saputo affrontare a voce nuda, con le sue nude mani di prete e di parroco i capi delle cosche che mietevano ansie, sogni e speranze di ragazzi nel campo che gli era affidato. Palmo a palmo, con tenacia disarmata e forte, con pazienza dolce e – per i boss mafiosi – insopportabile ha conteso la "terra buona" della sua gente di Brancaccio e di Sicilia al deserto della vita cattiva (questo è, letteralmente, la malavita) e ha impedito che l’indegno saccheggio continuasse, confermando una vocazione irresistibile dei cristiani e tornando a indicarci il metodo e la misura dell’amore che costruisce la comunità e riconosce e accetta la croce. Conosco don Puglisi soprattutto grazie al racconto di suoi allievi e figli spirituali, ma mi sento di dire che nelle sue preghiere e nella dedizione generosa che gli ha guadagnato il martirio in odium fidei ci fossero anche la sostanza e la salda tenerezza della celebre orazione di Santa Teresa d’Avila, quella che lei richiama attraverso il verso di un canto che le è caro eppure non la convince: «Nulla ti turbi, nulla ti spaventi, tutto passa, Dio non cambia, la pazienza tutto ottiene. Chi ha Dio, nulla gli manca. Solo Dio basta». Appunto, caro Massimiliano: nulla ci turbi, nulla ci spaventi, nulla ci renda insignificanti, nulla ci demotivi, nulla ci ammutolisca, nulla ci spenga... Solo Dio basta. Perché a noi tocca di essere quelli del pane spezzato e del vino versato, della lampada che non può essere messa sotto il moggio, dei talenti dissotterrati e investiti, per sé eppure mai solo per sé. A noi spetta di alternarci nella fatica della veglia e nello sguardo della sentinella che sa della notte e della mattina che viene. Proprio così, caro e generoso amico: solo Dio basta. Perché da soli non bastiamo, neanche a noi stessi. Perché ognuno deve fare per intero la propria parte, ma non ci salviamo da soli. Perché da soli, e da isolati, ci lasciamo ricacciare indietro sulla via di verità insegnata da Cristo o anche solo sulla via della sana legalità tracciata con coraggio dagli uomini e dalle donne giusti. Per questo, come lei suggerisce con bella passione di credente e di uomo del Sud, di cittadino innamorato della propria terra e di cattolico che conosce la grammatica e la forza «sociale» del Vangelo, i cristiani sono necessariamente quelli dell’antimafia della vita, dell’antimafia umile, ma mai dimessa, del giorno per giorno, dell’antimafia antiretorica dell’onestà e della solidarietà concreta. Lei dice anche che l’impegno contro la logica e il potere mafioso è diventato «sacro» sabato scorso, 25 maggio 2013, nel momento in cui «3P» è stato solennemente proclamato beato. Io credo che lo fosse anche prima, come ogni impegno che, in ogni tempo, è stato rivolto a liberare uomini e donne dalla violenza disumana delle schiavitù, in qualsiasi forma esse si siano realizzate e si realizzino E penso che proprio per questo tale concetto – «schiavitù» – è risuonato, domenica scorsa, nelle paterna e severa chiamata alla conversione che Papa Francesco ha rivolto ai mafiosi. L’antimafia più radicale è quella che cambia le persone, che le riconcilia col bene. Infatti solo Dio basta, perché Dio non cambia. Tutto il resto passa, anche la pratica violenta e la fascinazione cupa della sopraffazione mafiosa. Padre Pino, caro Massimiliano, ci ha insegnato sino al sacrificio di sé che, qui e ora, siamo noi le mani di Dio e «la pazienza che tutto ottiene».
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