mercoledì 19 agosto 2009
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Caro Direttore,il prof. Cacitti nella postfazione al libro di Augias di qualche tempo fa ("Inchiesta sul cristianesimo"), riportava una lettera di inizio Novecento scritta da Salomon Reinach e destinata a Salvatore Minocchi: «Presto o tardi la storia delle religioni si insegnerà nelle scuole secondarie, accanto alla storia, alla filosofia, alle scienze. Non vi si insegneranno né la fede né lo scetticismo, ma fatti certi; vi si insegnerà soprattutto agli scolari a riflettere sopra così gravi questioni, e a concedere a esse tutta l’attenzione, dirò meglio tutto il rispetto che meritano. Invece di dire "io credo", oppure "non credo", essi potranno dire in un certo modo io so"». Se quanto auspicato nel 1912 si concretizzasse, passando da una «catechesi confessionale» a un insegnamento storico religioso completo, se la nomina fosse per concorso pubblico e senza il bisogno di un certificato di idoneità rilasciato del vescovo, allora e solo allora, è giusto che i docenti di religione, ossia di storia delle religioni, partecipino agli scrutini.

Andrea Sillioni, Bolsena (Vt)

Caro Sillioni, mi pare che quanto lei dice si possa tradurre così: «Quando la religione sarà insegnata come aggrada a me, allora potrò essere d’accordo». Non mi giudichi provocatorio: trovo solo stucchevole trincerarsi dietro asserzioni perentorie di altri tempi per perseguire obiettivi di piccolo cabotaggio politico contemporaneo. Possiamo stare ai fatti – quelli ignorati dalla sentenza del Tar del Lazio come dal grande vecchio Scalfari – e ragionare sulla base di essi senza pretendere di rovesciare il tavolo quando il gioco non ci piace? Il primo fatto, dal quale non è lecito ad alcuno prescindere è l’accordo di revisione del Concordato firmato nel 1984, che al n. 30 recita: «La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado. Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento». Poche righe chiare dalle quali risulta evidente che l’insegnamento della religione cattolica non è un servizio destinato ai fedeli cattolici, ma una proposta offerta a tutti, proprio perché «i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano», raggiungono e influenzano tutti, al di là della personale professione di fede (o di ateismo). C’è un’altra confessione che può vantare gli stessi titoli? Se eliminassimo dalla nostra terra ciò che ha radice nel cattolicesimo – monumenti, opere letterarie e artistiche, fin anche i nomi propri e la toponomastica – semplicemente l’Italia che conosciamo scomparirebbe. Si può dire lo stesso per una qualsiasi altra confessione religiosa?Si tratta di considerazioni di tale evidenza che è difficile riconoscere la buona fede di chi obietta con stantii luoghi comuni, "scordando" regolarmente di riconoscere che questi sono i dati di fatto da cui muovere.Per il resto: i docenti di religione già ora per insegnare devono possedere titoli accademici specifici e superare un concorso; in più, a ulteriore tutela per giovani e famiglie, devono godere anche dell’attestazione di idoneità da parte del vescovo, cioè di colui che meglio di ogni altro può garantire la corrispondenza dell’insegnamento impartito con la realtà del cattolicesimo."Storia delle religioni" sarebbe tutt’altra cosa: qui si parla di una materia il cui obiettivo squisitamente culturale è far cogliere il nesso tra il messaggio religioso configuratosi nell’esperienza storica del cattolicesimo, con la storia, la letteratura, l’arte, la filosofia, l’urbanistica, la vicenda politica dell’Italia lungo 2000 anni di storia. Va peraltro riconosciuto che chi insegna Irc, lo fa in condizioni spesso improbe e che solo il prestigio personale e la disponibilità generosa di tanti docenti consentono alla materia di conservare il favore e il consenso di tanti studenti e famiglie. A questi insegnanti va il nostro grazie vivo, che si accompagna all’invito a tutti a sostenerne l’opera, perché la qualità culturale dell’Insegnamento di religione cattolica risalti sempre più netta.
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