giovedì 30 agosto 2012
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Un appello con molti preceden­ti e un senso di urgenza che si fa più intenso e più circostanziato nell’attuale eccezionale fase della vita del Paese (e dell’Europa) è sta­to lanciato ieri dalla voce più alta della Chiesa italiana. Un appello al­l’unità fattiva e indispensabile di tutte le forze responsabili, alla «rifondazione della politica e delle procedure partecipative», alla cura delle autentiche priorità «dell’eco­nomia e del lavoro», alla valorizza­zione della famiglia «grembo natu­rale della vita nella sua inviolabi­­lità, (…) fondamento affidabile del­la coesione sociale, baluardo edu­cativo dei giovani, vincolo di soli­darietà tra generazioni». Un appel­lo che arriva al culmine di un’esta­te non drammatica come quella del 2011, ma indubitabilmente segna­ta dall’approfondirsi delle difficoltà per tantissime famiglie italiane e per tutta la nostra comunità nazio­nale. È un appello di buona volontà, che risuona in fondo al cammino di consapevolezza e di speranza cri­stiana che, ieri, ancora una volta, ha condotto Angelo Bagnasco sino al santuario della Madonna della Guardia. Pellegrinaggio consueto per il cardinale arcivescovo di Ge­nova e presidente della Conferen­za episcopale italiana, svolto col pi­glio del pastore e dell’uomo di fede in un periodo caratterizzato da grandi ingiustizie e grandi distra­zioni ma purtroppo affrontato con cieche e sussiegose autoreferen­zialità ideologiche e con mediocri calcoli di potere da non pochi e­sponenti della cosiddetta classe di­rigente. Un periodo arduo, strano e promettente perché contraddistin­to anche da faticose e serie dispo­nibilità a una larga, straordinaria convergenza nell’interesse comu­ne dell’Italia e degli italiani: del re­sto è proprio su questo, non solo sulla paura del peggio, che da me­si si regge politicamente il governo di Mario Monti. In un contesto co­sì complicato e duro, il presidente della Cei conferma un tratto carat­teristico del suo servizio: il costan­te impegno ad ascoltare le voci e la vita “dal basso” della nostra gente «smarrita e stremata» eppure avve­duta ed esigente («La gente non perdonerà a nessuno la poca con­siderazione verso la famiglia così come la conosciamo: questa è l’I­talia! »). E si preoccupa di leggere in modo “alto” ed efficace – perché u­na volta ancora libero dai contin­genti condizionamenti di qualsivo­glia partigianeria e interesse – i se­gni del tempo presente. Ascoltare e comprendere l’appello caldo e forte risuonato ieri dalle al­ture genovesi, significa insomma riuscire ad ascoltare in modo niti­do anche tutte quelle incalzanti e spesso affannate voci della società italiana che non si rassegnano al declino civile. Voci di quanti – tan­ti, tantissimi - non sopportano più i malvezzi dei molti politici e degli altrettanti abitanti dei vari “palaz­zi” (inclusi quelli mediatici) che fanno di tutto per farsi sentire co­me ostinatamente e ostentata­mente “lontani”. Voci severe e a­mare, ma che non si abbandonano all’invettiva e ciò nonostante ri­schiano di essere confuse con l’an­tipolitica sterile o a essa consegna­te. È una deriva da scongiurare. E da scongiurare adesso, in un momen­to che è oggettivamente «decisivo». Pure su questo chi ha responsabi­lità verrà giudicato dalla «storia di domani», ma già da «quella di og­gi », che ricorda a tutti Bagnasco, viene appunto scritta dal «sentire della gente».
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