venerdì 4 febbraio 2022
Domenica il 70esimo anniversario dell’ascesa al trono
Un anno di celebrazioni per la sovrana più longeva della storia inglese. La monarchia indebolita da scandali e critiche cerca riscatto. Ma a pesare sono anche i problemi di Johnson

Un anno di celebrazioni per la sovrana più longeva della storia inglese. La monarchia indebolita da scandali e critiche cerca riscatto. Ma a pesare sono anche i problemi di Johnson - Reuters

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Nessun monarca britannico, prima di lei, ha mai retto la Corona così a lungo: la regina Elisabetta, 96 anni ad aprile, festeggia domenica il 70esimo anniversario della sua ascesa al trono del Regno Unito.

Il suo regno passerà alla storia come il più duraturo dopo quello di Luigi XIV in Francia, di Giovanni II in Liechtenstein e di Bhumibol Adulyadej in Thailandia. La ricorrenza verrà celebrata con eventi in programma tutto l’anno a partire proprio dal 6 febbraio, giornata in cui si commemora la morte di Giorgio VI, padre della sovrana, e l’immediata proclamazione a regina dell’allora 25enne 'Lilibet'. Ma è a giugno, tra il 2 e il 5, che Londra e tutti i 15 Paesi del Commonwealth di cui lei è capo di Stato le renderanno onore.

Parate, concerti e spettacoli animeranno una sontuosa festa nazionale, l’ultima grande occasione, è il comune sentire, che il Paese ha per acclamarla e, perché no, per ringraziarla per l’instancabile servizio prestato in sette decenni. Dopo il giubileo d’oro del 2002 e quello di diamante del 2012, platino è il metallo che contraddistingue il traguardo dell’anziana sovrana: bianco-grigio come sono ormai i suoi capelli, resistente alla corrosione come la sua dedizione alla nazione. La monarchia britannica si nutre da secoli di fastosi cerimoniali. Un antico motto della famiglia Windsor dice che non si può credere all’istituzione rappresentata dalla Corona se non la si vede splendere. Lo ripeteva spesso anche il primo ministro Winston Churchill secondo cui è condizione naturale che 'il Parlamento debba parlare, il Palazzo brillare'. Come in pochi altri momenti della sua storia secolare, Buckingham Palace, oggi, ha un bisogno particolare di rispolverare il proprio grandeur. Il suo alone regale, un misto di potere e sacralità arricchito da note fiabesche, non è più quello di anni fa.

La crisi più recente, forse anche la più pesante, è legata alle vicissitudini giudiziarie del duca di York, il principe Andrea, coinvolto nello scandalo dei traffici sessuali organizzati dal finanziere newyorkese Jeffrey Epstein, morto suicida in carcere nel 2019, e dalla compagna Ghislaine Maxwell, attualmente detenuta negli Stati Uniti. Non si tratta di gossip: il terzogenito di Elisabetta è accusato di aver ripetutamente abusato di una minorenne, Virginia Giuffre, la donna oggi 38enne che lo ha trascinato in una causa civile dinanzi al tribunale federale di New York. Gli avvocati del duca hanno fatto i salti mortali per ottenere l’archiviazione del caso ma la linea difensiva non ha convito né il giudice titolare del processo, Lewis Kaplan, né l’opinione pubblica. La strategia tentata per mettere in salvo la reputazione del principe è stata puntare sull’inammissibilità del procedimento. Le rivendicazioni di Giuffre, hanno invano provato a dimostrare i legali, sono illegittime perché nel 2009 la donna aveva siglato un patto con Epstein che le aveva versato 500mila dollari di risarcimento in cambio dell’impegno a non fare causa a nessun’altro 'potenziale imputato'.


Tra le ombre c’è la crescente pressione per una restaurazione più radicale della monarchia La spinta è a un 'tagliando' costituzionale che la renda più vicina ai valori della democrazia

Una rovinosa arrampicata sugli specchi, si direbbe, interpretata dalla stampa britannica come un goffo tentativo del principe 'di fuggire alle proprie responsabilità'. Non deve essere stato facile per la regina decidere di togliere al duca, che secondo alcuni è il suo figlio prediletto, i prestigiosi titoli militari e reali di cui si fregiava. Eppure, il 13 gennaio, lo ha fatto. Il principe Andrea affronterà il pro- cesso da privato cittadino e dovrà pure trovare il modo di pagarselo visto che da palazzo non arriverà alcun aiuto economico. La risolutezza della mossa di Buckingham Palace, una sorta di 'esilio' in patria, fa pensare che per il duca non ci siano possibilità di 'riabilitazione' alla vita reale. Né ora né mai. La sensazione è che l’ex colonnello del reggimento delle Grenadier Guards, uno dei più illustri delle forze armate del regno, rappresenti oggi una minaccia all’integrità della monarchia britannica che da tempo si sforza di modernizzare l’istituzione smussando l’idea di una famiglia arroccata nella fortezza del privilegio con un duplice scalpello: servizio e dovere.

Un’infausta coincidenza ha voluto che lo scandalo di cui il duca di York è protagonista esplodesse nel mezzo del 'party gate' che con la forza di un uragano ha travolto Downing Street. Governo e Corona, certo, sono entità costituzionali a sé stanti. Nel Regno Unito, va ricordato, l’anno parlamentare viene inaugurato con un’antica cerimonia che, simbolicamente, vede il monarca bussare alle porte chiuse di Westminster per chiederne l’accesso. Gli storici sottolineano tuttavia che nel corso della storia diversi sono stati i momenti in cui una ha aiutato l’altra a stabilizzare una crisi. Nel 1997, per esempio, fu l’allora premier Tony Blair a smuovere in Elisabetta un approccio più empatico alla morte della principessa Diana sottraendola, seppure in parte, al risentimento della nazione ferita dalla perdita dell’amata Lady D. e dal gelo inizialmente manifestato dalla sovrana. Si dice, per fare un altro esempio, che il referendum sull’indipendenza della Scozia del 1994 sia fallito per effetto della stringatissima dichiarazione della regina ('spero che la genti pensi con molta attenzione al futuro') sollecitata da un primo ministro, David Cameron, in grande difficoltà. Downing Street e Buckingham Palace, ironizza il giornalista Alastair Campbell, 'in genere evitano crisi nello stesso periodo'. Eppure, caso più unico che raro, è successo.


La festa guastata dalle vicissitudini giudiziarie del principe Andrea, dalla rottura dei ponti con il duca di Sussex Harry, e dai sospetti di razzismo

Sul regno di Elisabetta incombono anche altre minacce. Tutti si chiedono quali altre sensazionali rivelazioni sui Windsor abbia in serbo il principe Harry, il più piccolo dei figli di Carlo e Diana, autore di un libro di memorie atteso in libreria nei prossimi mesi. L’anno scorso, lo ricordiamo, la regina ha rotto in modo definitivo i ponti con il duca di Sussex e sua moglie, l’attrice afroamericana Meghan Markle. Il limbo in cui la coppia si era confinata quando ha deciso di trasferirsi Oltreoceano rinunciando allo status 'senior' della famiglia reale, in nome di una vita più libera e indipendente, è apparso alla sovrana come incompatibile, anche in questo caso, con 'le responsabilità che derivano da una vita di pubblico servizio'. Enorme è stato il frastuono mediatico sollevato dalla mossa che ha privato Harry dei suoi titoli onorifici militari.

Ancor più grande quello causato, appena un mese dopo, dall’intervista choc rilasciata dai duchi a Oprah Winfrey: le accuse di razzismo insinuate mentre descrivevano la preoccupazione di qualcuno, tra i membri della famiglia reale, per il colore della pelle di Archie, il loro primo figlio, hanno fatto tremare il palazzo. Il timore di nuove esplosive rivelazioni preoccupa non poco. Secondo alcune fonti il principe, che pare lavorare insieme a Meghan a un vero e proprio business sulla spettacolarizzazione del marchio 'Sussex', non avrebbe ottenuto dall’editore un anticipo di svariati milioni di dollari senza promettere dettagli 'intimi e succulenti' su Buckingham Palace.

Tra le altre ombre che gravano sul giubileo di Elisabetta, il primo dopo la morte dell’amato consorte Filippo, c’è la crescente pressione per una restaurazione più radicale della monarchia. La spinta, particolarmente forte da sinistra, è a un 'tagliando' costituzionale che la renda più vicina ai valori della democrazia contemporanea e al profilo multiculturale del Paese. Un passo in avanti verso il futuro 'lungo il tracciato - osserva la storica Jane Ridley - segnato da Giorgio V'. Molti ritengono che da questo dipenda la sopravvivenza del regno nell’era post elisabettiana, la tenuta del Commonwealth, già provato dalle forze centrifughe di nazioni, come dimostra il caso di Barbados, che abbandonano la Corona per la repubblica. È tempo di pensarci adesso, dicono, non quando la nazione sarà chiamata a dire addio alla 'madre' che per settant’anni, con stoicismo e compostezza, l’ha tenuta unita nelle avversità della storia, pandemia compresa. Nulla vieta di pensare al nuovo che avanza senza rinunciare, oggi, al ritornello 'God save the queen'.

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