Una donna presidente? Sì ma ora basta chiacchiere
sabato 15 gennaio 2022

Caro direttore, in queste ultime settimane abbiamo letto decine e decine di articoli, appelli, riflessioni ora ottimiste, ora scoraggiate, ora semplicemente realistiche sulla candidatura di una donna al Quirinale. Abbiamo sentito tanti, troppi, politici (maschi) dire che sì, sarebbe una bella cosa. Sarebbe, appunto... Mentre le donne della politica si sono guardate bene dall’esporsi alla consueta commedia presidenziale. Parlare, esprimersi a favore di un’ipotesi femminile per il Colle sembra ormai diventato un fiacco rituale e le donne hanno poco tempo da perdere in chiacchiere da Transatlantico. Servono voti, piuttosto. Facendo i conti della serva, saranno 1.009 i grandi elettori chiamati a eleggere il Capo dello Stato: 321 senatori, 630 deputati e 58 delegati regionali, tre per ogni Regione (ad eccezione della Valle d’Aosta che ne ha uno). Per essere eletti, servono 673 voti (pari ai due terzi dell’Assemblea) nei primi tre scrutini mentre dal quarto ne bastano 505, la maggioranza assoluta.

Le parlamentari non sono mai state tanto numerose: 339 donne che, se votassero facendo 'partito', avrebbero un peso non indifferente. Di questo nessuno ha mai parlato, forse perché non è fantapolitica ma 'solo' un’argomentazione concreta. Eppure, un’elezione è fatta di teste, voti e accordi dietro le quinte mentre i 'se', le dichiarazioni di circostanza e il presunto 'femminismo' dei leader politici servono solo per riempire le pagine dei quotidiani. Ricordate come quegli stessi leader si sono cosparsi il capo di cenere dopo le ultime amministrative, le più maschiliste di sempre? Eppure, avevano dichiarato grande considerazione e apprezzamento per la partecipazione femminile al governo di Regioni e Comuni. E la prova provata sono i Delegati regionali. Mentre scrivo, 14 Regioni hanno già eletto i loro Grandi elettori: 37 uomini e 3 donne...

Non credo ci sia molto da aggiungere se non che il presunto 'femminismo' dei partiti si ferma laddove alle parole devono seguire i fatti. Sembrerà strano, ma non sono una fautrice del 'purché sia donna'. Voglio un Presidente che tenga insieme un Paese in difficoltà, che incarni l’unione e l’unità – morale e istituzionale – che non parteggi per una fazione o per l’altra, che abbia a cuore l’interesse di tutti e tutte, che abbia il dono della temperanza e della fermezza, dell’autorevolezza pacata e della saggezza. Una figura di controllo e rappresentanza, stimata all’estero come in Italia, che incarni il senso di responsabilità per le istituzioni, capace di rinsaldare la coesione e la speranza di un Paese ancora vitale eppure stanco e scoraggiato. Penso che una donna sarebbe capace di tutto ciò? Che esistano nel panorama italiano donne che rispondono a questo identikit?

Sì, sì sì! Il tema, quindi, non è 'pretendere' una donna al Quirinale, non è dire, a ragione, che è arrivato il nostro turno, che democrazia vuol dire rappresentanza e che la nostra è una democrazia dimezzata. Il punto è il valore simbolico e al contempo la funzione reale che l’elezione di una donna avrebbe. Il punto è che, a parità di requisiti, scegliere una donna non solo ci riconcilierebbe con una politica 'maschiocentrica' ma potrebbe segnare una nuova stagione per l’impegno femminile nelle istituzioni.

Diciamo la verità: anche grazie alla 'mia' legge sulle quote, la società e l’economia sono ormai avanti anni luce rispetto alla politica. Mentre ogni giorno si rompe un nuovo tabù e le donne entrano nelle stanze del potere economico, ai vertici della giustizia, delle professioni, della scienza, la politica resta a guardare, e ciarlare a vanvera, un passo indietro. Quanto può durare? Quanto può restare in sella una classe dirigente che non rappresenta i cittadini che dovrebbe governare? Poco e male. Chiudo chiarendo che – come lei, direttore, che in più occasioni ha sviluppato argomentazioni simili alle mie – non intendo fare alcun nome, perché ho rispetto per le donne che possono, e devono, aspirare alla carica più alta della Repubblica. Mi concedo solo una previsione che è anche un lampo di orgoglio: se sarà donna, sarà un Premio Bellisario!

Presidente Fondazione Marisa Bellisario


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