mercoledì 31 agosto 2022
Mentre Kiev lancia la sua controffensiva nel Sud, il Cremlino prova a giocare d'anticipo, premendo con diverse "armi" sui Paesi occidentali che sostengono Zelensky. Una strategia basata sulla paura
Guerra giorno 189: dal gas al voto al nucleare, tutti i fronti aperti di Putin
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Arrivano poche notizie dal fronte Sud della guerra in Ucraina. Kiev sembra avere scelto una linea comunicativa di basso profilo sulla prima vera controffensiva nella zona chiave di Kherson, a oltre sei mesi dall’invasione russa. Nelle ultime ora, Mosca si è affrettata ad annunciare successi nel rintuzzare gli attacchi nemici, ma la situazione è ben lungi dall’essere chiara. Per il Cremlino si riapre sul campo lo scontro, dopo molte settimane di stasi bellica. Nel frattempo, Putin gioca altre partite strategiche che gli dovrebbero permettere di vincere un conflitto che si sta prolungando ben oltre il previsto e, forse, anche oltre quanto il suo Paese può permettersi.

L’obiettivo che si intravede dietro le mosse sul gas, sulla centrale atomica di Zaporizhzhia e le elezioni in Occidente è quello di seminare paura e indebolire la determinazione dei Paesi che sostengono l’Ucraina. Senza l’appoggio concreto, generoso e prolungato della “coalizione” radunata sotto l’ombrello Nato, la resistenza (e l’avanzata) di Kiev non hanno alcuna possibilità di essere sostenibili. In questa chiave si possono leggere quindi le scelte di Mosca. Che però sono condotte su terreni instabili, che non permettono di agire a tempo indeterminato.

Prendiamo il caso energia. La Russia con astuzia diminuisce la fornitura di gas ma non la interrompe del tutto verso i Paesi considerati “ostili” a causa del loro coinvolgimento nelle vicende belliche. Da una parte, Mosca non può permettersi di rinunciare agli introiti che provengono dalla vendita del metano all’Europa, anche perché, come dimostrano i roghi vicino al confine finlandese, non ha attualmente altri acquirenti potenziali. Dall’altra parte, creare tensioni fa salire il prezzo, cosa che la avvantaggia, e mette pressione alle nazioni che dipendono da lei per l’approvvigionamento, una condizione che potrebbe indurre alcune di esse, prima o poi, a scendere a patti con il Cremlino.

Qui si salda il fronte “elettorale”, con le dichiarazioni centellinate di Dmitri Medvedev, assurto alla parte dell’uomo forte non vincolato alla diplomazia nelle relazioni internazionali della Federazione. Un uso sapiente di vaghe minacce e presunte interferenze per intorbidire le acque e fare sì che l’esito del voto, in primis quello italiano del 25 settembre, sia influenzato anche dai timori di una guerra che diventa sempre più costosa e minacciosa. Ecco allora il terzo elemento: il braccio di ferro sulla centrale nucleare occupata. Mosca non ha nessun interesse a provocare un disastro nel cuore dell’Ucraina, che potrebbe colpire gli stessi territori russi, oltre a creare enormi problemi nelle zone che vuole controllare. Inoltre, quello nucleare è un tale tabù che nessuno in Occidente perdonerebbe al Cremlino di avere giocato con il fuoco come avvenne a Chernobyl.

Per questi motivi, le “armi” che sta usando Putin in questi mesi hanno una data di scadenza. Il ricatto del gas non può prolungarsi all’infinito: l’Europa comincerà a ridurre la sua dipendenza e per Mosca avere alzato la sfida potrebbe tramutarsi in un boomerang. Lo stesso si può dire per Zaporizhzhia. E per le elezioni, le quali, una volta concluse, consegneranno un governo che potrebbe, con buone probabilità, non discostarsi sulla crisi ucraina dalla linea seguita finora. Questo non vuol dire che la Russia passerà improvvisamente in una posizione di debolezza strategica e politica. Conterà molto l’andamento dei combattimenti sul campo, ora che sembrano ripresi con forza.

Come ha spiegato l’ex generale australiano e analista militare Mick Ryan, le dimensioni politiche dell’offensiva a Sud sono importanti quanto quelle militari. Per Zelensky, è fondamentale al fine di mantenere la promessa di riprendere la regione, ma l’area di Kherson e Mykolaiv è anche di grande rilevanza economica per l'Ucraina. Per Putin, dopo i fallimenti di Kiev e Kharkiv, perdere il Sud sarebbe un colpo significativo, anche se non fatale.

Rientrerebbe in gioco anche lo status della Crimea e ciò rappresenterebbe un grosso problema per i russi, considerata la dislocazione delle loro infrastrutture e delle loro basi. Tra le questioni chiave da considerare da parte ucraina c’è il tipo di obiettivi di questa offensiva meridionale. Si tratta solo del territorio a ovest del fiume Dniepr, di tutto il sud o di una via di mezzo? Questo determinerà la sequenza degli attacchi e le priorità nella logistica.

La quantità di equipaggiamento e di munizioni che gli ucraini hanno immagazzinato per questa offensiva influenzerà quanto a lungo potrà essere sostenuta. Allo stesso modo, la quantità e la posizione dei rinforzi e delle riserve saranno importanti. Da parte russa, conterà come essi hanno impostato il loro schema generale di manovra difensiva.

Si tratta, come si vede, di un momento nuovamente chiave per le sorti del conflitto e della crisi geopolitica globale innescata dall’invasione voluta dal Cremlino.


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