giovedì 30 giugno 2022
Guerra giorno 127: il successo inatteso di Kiev e la speranza rinata sul grano
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Nel giorno 127 della guerra in Ucraina arrivano importanti novità dal campo e dal fronte politico-diplomatico. Si registra innanzi tutto un significativo successo militare per le forze di Kiev, in seguito all’abbandono da parte della Russia dell’Isola dei Serpenti, un piccolo sperone roccioso a nord-ovest del Mar Nero, conquistato da Mosca il primo giorno dell'invasione e molto importante per il controllo strategico della navigazione e per i potenziali attacchi alla costa. Il Cremlino afferma di aver ritirato la sua guarnigione come "gesto di buona volontà" per dimostrare che non sta ostacolando le esportazioni di grano. Ma sono le stesse parole utilizzate dopo la rapida ritirata dalle regioni di Kiev, Chernihiv e Sumy alla fine di marzo, che servono per nascondere all’opinione pubblica interna una sconfitta che contraddice la propaganda trionfalistica dei media.

In realtà, l'isola, come sottolineato dagli esperti, è esposta ad attacchi da tutte le direzioni, e chiunque sia incaricato di difenderla diventa un "bersaglio facile". E le forze armate ucraine hanno fatto esattamente questo, portando a termine una serie di azioni devastanti. In aprile, le capacità antiaeree della Russia nel Mar Nero nord-occidentale erano state indebolite con l'affondamento della “Moskva”, la nave ammiraglia della flotta. Secondo l'analista militare ucraino Oleh Zhdanov, interpellato dalla Bbc, tenere truppe sull'Isola dei Serpenti non ha senso per nessuna delle due parti, c’è invece la necessità di creare un "controllo del fuoco", ovvero di mantenere la capacità di colpire qualsiasi obiettivo si avvicini. Ciò garantirebbe anche una maggiore sicurezza per Odessa e l'intero settore nord-occidentale del Mar Nero.

La riconquista territoriale a Sud, soprattutto simbolica, fa da contraltare alle difficoltà ucraine nel Donbass. Come riferisce Illia Ponomarenko, una delle firme di punta del “Kyiv Independent”, nella battaglia sul fronte orientale, la resistenza ha preso una decisione dolorosa ma attesa: ritirarsi dagli ultimi quartieri della città di Severodonetsk, dopo oltre due mesi di sanguinosa guerriglia urbana, dando alla Russia una vittoria tattica e facendola avvicinare al suo obiettivo politico di "liberare" l'intera regione di Lugansk.

Tuttavia, l’esercito di Kiev, con le sue tattiche di resistenza, è riuscito a infliggere pesanti perdite e a indebolire gran parte della forze russe, nonostante la straordinaria concentrazione di potenza bellica di Mosca nell'area. Ora la campagna entra in un’altra fase, con l'Ucraina che intende continuare a logorare il nemico bloccandolo su una nuova barriera difensiva, nell’attesa di armamenti occidentali più potenti per contrattaccare al momento giusto. Ma l’Armata, a sua volta, continua a guadagnare terreno nella zona, il che significa che l'Ucraina dovrà probabilmente lasciare presto anche Lysychansk, per sfuggire alla trappola che chiuderebbe in una sacca senza scampo un alto numero di soldati.

Mentre si è chiuso il vertice Nato che ha dato il via libera all’ingresso di Svezia e Finlandia nell’Alleanza con un’escalation verbale indiretta tra i leader occidentali e il Cremlino, spiragli si aprono per l’export di grano. Il presidente russo "pensava di poter spezzare l'alleanza transatlantica. Ha tentato di indebolirci, ma sta ottenendo esattamente ciò che non voleva”, cioè l’adesione di Helsinki, ha detto il capo della Casa Bianca Biden. "Siamo pronti a ogni eventualità", ha ribadito il segretario generale della Nato, Stoltenberg, replicando a Vladimir Putin, che ha minacciato risposte contro l’allargamento dell'Alleanza ai confini della Russia. Secondo Stoltenberg, bisogna "evitare l'escalation", l’Alleanza però aumenta stanziamenti, uomini e mezzi dislocati in Europa per il contenimento di Mosca, diventata di nuovo un avversario e non più un partner. La replica del Cremlino: è ridiscesa una cortina di ferro nel Continente.

Per quanto riguarda i cereali, il presidente turco Erdogan ha annunciato che la prossima settimana sarà varata una “Road Map” per l'apertura di corridoi che consentano l'esportazione di cereali dall'Ucraina. "Ci sono venti nostre navi ormeggiate nella regione", ha aggiunto Erdogan, "le utilizzeremo per trasportare derrate fuori dai porti ucraini e consegnarle a Paesi terzi". Lo sblocco dei porti rappresenterebbe un segnale importante per frenare la corsa dei prezzi dei cereali e rifornire le nazioni più povere, in cui cominciano a sentirsi gli effetti della crisi alimentare. Secondo la Coldiretti, l'Ucraina rappresenta da sola il 10% degli scambi mondiali di grano. Nelle ultime ore, una nave con 7.000 tonnellate di cereali ha lasciato il porto ucraino occupato di Berdyansk (nella foto). Il riavvio delle esportazioni sarebbe un elemento confortante nella cupa crisi che prosegue da 127 giorni.

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