venerdì 24 giugno 2022
L'esercito di Kiev si ritira da Severodonetsk e lascia quasi l'intero Lugansk a Mosca. Adesso si prevede un lungo stallo sulle posizioni attuali. La Turchia annuncia un'intesa sull'export del grano
Guerra giorno 121: la resa della città chiave a Est e il futuro del conflitto
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Arrivata al suo 121 giorno, la guerra vede la soddisfazione del presidente Zelensky e del popolo ucraino per la concessione dello status di Paese candidato all’ingresso nella Ue, ma anche la sostanziale caduta di Severodonetsk in mano russa. Il governatore dell'Oblast di Lugansk, Serhiy Haidai, ha annunciato che l’esercito è in fase di ritiro dalla città diventata lo snodo chiave della battaglia per il Donbass: "È una cosa di cui abbiamo parlato. Non diffondete voci di tradimento. Nessuno abbandona i nostri ragazzi, nessuno permette l'accerchiamento (delle nostre truppe). La situazione in questo momento è tale che rimanere in queste posizioni distrutte solo per il gusto di esserci non ha senso", ha detto Gaidai. Almeno il 90% delle infrastrutture e delle case della città è stato distrutto o danneggiato, mentre gran parte della popolazione è in fuga e vi sarebbero anche duemila combattenti di Kiev circondati dalle forze russe nella zona.

Si tratta di un colpo pesante per la resistenza ucraina, anche se prendere Lysychansk, la città gemella al di là del fiume e posta su una collina, sarà più difficile per Mosca. In ogni caso, con la conquista di Severodonetsk, il controllo russo sul Lugansk, una delle due regioni del Donbass, è quasi completo. E questo rappresenta una sicura vittoria, seppur parziale, per Putin. D’altra parte, l’Institute for the Study of War, citato dal “Kiyv Independent”, ritiene che le operazioni russe probabilmente rallenteranno nelle prossime settimane. Il think tank statunitense valuta che l’esercito di Kiev ha raggiunto l’obiettivo di infliggere forti perdite agli invasori i quali, presa la città contesa, dovranno fare una pausa, dando probabilmente l'opportunità per piccole controffensive. A ciò potranno contribuire il primo lotto di quattro lanciarazzi multipli ad alta mobilità (Himars) che gli Stati Uniti hanno inviato al fronte e il secondo pacchetto con altri quattro che sarà consegnato entro "metà luglio".

Intanto si denuncia che Mosca abbia bombardato con munizioni al fosforo villaggi nei pressi di Sumy. L'insediamento di Yunakivska, vicino al confine con la Russia, è stato colpito il 23 giugno con ordigni proibiti, ha dichiarato il governatore Dmitry Zhivitsky. Il bilancio ufficiale complessivo delle vittime civili redatto dell’Onu è salito a 10.403: 4.662 morti e 5.803 feriti dall'inizio dell'invasione, il 24 febbraio. Almeno 320 bambini sono stati uccisi. Ma le cifre effettive potrebbero essere molto più alte.

Gli occupanti avrebbero deciso di tenere referendum popolari per proclamare nuove "repubbliche" nelle zone occupate a Kherson e Zaporizhzhia. La data scelta sarebbe l'11 settembre, giorno in cui si andrà alle urne anche in Russia. Proprio a Kherson un funzionario dell'amministrazione militare-civile imposta da Mosca, Dmitri Savluchenko, 36 anni, capo del dipartimento regionale della Gioventù e dello sport, è morto nell'esplosione dell'auto su cui stava salendo. Le autorità filorusse hanno subito parlato di attentato. Episodi di resistenza armata sono stati già segnalati a Kherson, la prima e più importante città ucraina conquistata dall’Armata, lo scorso 3 marzo.

L’operazione militare del Cremlino sta causando anche gravi danni ambientali, stimati in oltre 6 miliardi di dollari. L’ha calcolato il ministro dell'Ambiente, Ruslan Strilets: "Il conflitto ha creato più di 200.000 tonnellate di rifiuti pericolosi e rottami metallici, mentre ogni casa distrutta rappresenta 50 metri cubi di detriti". La stessa Mariupol, città martire oggi occupata dai russi, è sommersa da montagne di rifiuti non differenziati. Il sindaco, Vadym Boychenko, ha denunciato il rischio di una catastrofe sanitaria, per la diffusione di malattie infettive, tra le quali anche colera e dissenteria.

Sul fronte diplomatico, si lavora ancora per trovare una soluzione al blocco delle esportazioni di grano. La Turchia ha detto che un accordo potrebbe essere vicino. Ma l’allarme per la crisi alimentare sta crescendo ogni giorno di più. Putin ha accusato ancora Zelensky di non volere trattative su nessun tavolo e sembra quindi difficile che la situazione possa trovare presto uno sbocco.

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