lunedì 7 marzo 2022
La forze russe colpiscono nelle città ucraine per fiaccare la resistenza. La diplomazia non fa passi avanti. Le sanzioni si stringono su Mosca. Difficile vedere una fine del conflitto in tempi brevi
Dodicesimo giorno di guerra, eccidio di civili e via d'uscita da costruire
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Al dodicesimo giorno di guerra, i colpi dell'esercito russo cadono ancora sugli obiettivi civili. Non più errori, ma sistematici attacchi su città e infrastrutture. Gli aerei si alzano e colpiscono da lontano. I mortai fanno fuoco da distanza più ravvicinata. A Ovest di Kiev, non lontano dalla capitale, un panificio è stato cannoneggiato e almeno 13 lavoratori sono morti. Morti mentre preparavano l'alimento base per la popolazione terrorizzata e in fuga. Ma anche le evacuazioni sono state di nuovo impedite dai combattimenti e i corridoi umanitari risultano una volta di più impraticabili sul campo, malgrado le promesse da parte del Cremlino. Il terzo round di colloqui tra le due delegazioni registra piccolissimi passi, ovvero nessun serio progresso verso una tregua, stanti le dure condizioni che Mosca impone fin dall'inizio dei colloqui: Crimea riconosciuta come russa, piena autonomia delle due autoproclamate repubbliche del Donbass e neutralità totale dell'intera Ucraina.

Eccidio di civili in Ucraina

Eccidio di civili in Ucraina - Ansa

La diplomazia internazionale, dopo la fiammata di speranza accesasi sabato pomeriggio con l'entrata in scena di Israele, stenta a trovare un bandolo nella matassa. In realtà, non c'è un intrico da sbrogliare, ma soltanto il muro eretto da Putin, che non è disposto a concedere alcunché prima di avere consolidato sul terreno sufficienti conquiste da aprire un negoziato in posizione di forza. Il fronte occidentale sonda gli umori dei mediatori possibili - oltre al premier di Gerusalemme Bennett, il leader turco Erdogan e potenzialmente la Cina - ma pensa a rafforzare le sanzioni e - gli Stati Uniti - a trovare il modo di dare maggiore sostegno bellico a Zelensky.

La situazione bellica si fa sempre più pesante per Kiev, con danni materiali stimati in 10 miliardi di dollari, mentre il bilancio ben più importante delle persone uccise rimane incerto e parziale - l'Onu parla di circa 500 vittime. Solo propaganda sul versante delle perdite militari, dove la cortina fumogena della disinformazione impedisce di capire la reale portata delle difficoltà russe e dell'assottigliarsi della resistenza ucraina.

Difficile a questo punto vedere una strategia di uscita dalla guerra guerreggiata, che tanti lutti provoca. L'urlo del Papa - la guerra è pazzia - è stato accompagnato dall'offerta di un ruolo vaticano nelle trattative. Non sarà però un compito semplice né breve. Nel frattempo, si scorgono solo due scenari. Il primo è quello di un'implosione nel medio periodo delle forze regolari di Kiev, con la conseguente vittoria russa, che non fermerebbe singoli attacchi alle forze occupanti ma segnerebbe comunque una svolta nella crisi. Il percorso verso questo esito sarebbe segnato da un massacro di grandi proporzioni, a meno di una resa anticipata da parte del governo ucraino, tesa proprio a risparmiare un'ecatombe di civili e di militari.

Il secondo scenario è quello di uno stallo sostanziale della situazione sul campo e di un aumento delle tensioni in Russia, a causa delle sanzioni economiche sempre più soffocanti. A quel punto, anche Putin avrebbe interesse a una tregua e a un negoziato che gli porti i risultati minimi cercati con l'invasione e allenti la morsa che il fronte occidentale sta stringendo sul Paese, avendo come conseguenza anche una cappa di repressione al fine di evitare il crescere dell'opposizione interna. E' triste quindi constatare che per ora saranno i combattimenti a segnare l'evolversi della tragedia nel cuore dell'Europa.

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