martedì 16 marzo 2021
Deforestazione, impermeabilizzazione, inquinamento, salinizzazione, uso eccessivo di fertilizzanti e pesticidi: il terreno «malato» rende tutti più poveri
Tutelare la vita e la salute a partire dalla difesa del suolo

Ansa

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In un momento in cui l’umanità sta disperatamente cercando di sconfiggere una pandemia, può sembrare uno scherzo di cattivo gusto spezzare una lancia a difesa di virus e batteri. Eppure, è ciò che la Fao invita a fare da tempo con la Giornata mondiale dedicata al suolo, e che ha fatto in particolare nell’ultima, lo scorso dicembre, in una stagione segnata drammaticamente dalla pandemia. Per chi è ormai abituato a vivere in città, il suolo è sinonimo di strade, piazze, marciapiedi, tutt’al più substrato da scavare per gettarci le fondamenta dei nostri edifici o per stenderci tubi e cavi utili a rifornire le nostre case di luce, acqua, gas, telefono, connessione internet. Ma per qualsiasi persona che ha mantenuto un minimo di contatto con la natura, l’importanza del suolo è di tutt’altro genere, prima di tutto agricolo e forestale. Gli esperti tuttavia ci avvertono che le funzioni del suolo vanno ben oltre la produzione di cibo e l’ospitalità degli alberi.

Il suolo svolge anche attività di purificazione dell’acqua, stoccaggio di anidride carbonica, riserva di princìpi farmacologici. Alla fine, con un po’ di sforzo, anche noi urbani arriviamo a mettere a fuoco la molteplicità di funzioni svolte dal suolo e quanto siano determinanti per la nostra sopravvivenza. Ma ai più continua a sfuggire che a portare avanti questa mole enorme di lavoro è una moltitudine di esseri viventi senza i quali il suolo diventerebbe un substrato incapace di qualsiasi funzione. Lombrichi, formiche, larve, sono alcune specie viventi che si possono notare tirando su una zolla di terra anche in un parco cittadino. Ma si tratta della porzione di vita minoritaria, quella visibile a occhio nudo. Il grosso della popolazione biologica presente nel terreno è visibile solo al microscopio e sorprende per la sua quantità e diversità.

Si stima che un grammo di suolo contenga fino a un miliardo di batteri e decine di migliaia di varietà biologiche. I batteri sono organismi unicellulari comparsi sulla terra miliardi di anni prima degli animali e delle piante. Di forma variabile, a sfera, bastoncino o a spirale, hanno sviluppato molte vie metaboliche come conseguenza della necessità di adattarsi a condizioni ambientali molto diverse fra loro. I batteri sono presenti ovunque: nelle sorgenti calde, nelle profondità oceaniche fino alla neve artica. Molti di loro si sviluppano sulla superficie o all’interno di altri organismi (piante, animali e umani), talvolta come patogeni, più spesso come semplici commensali se non come coadiuvanti. Se volessimo esprimere la quantità totale di batteri esistenti a livello planetario dovremmo usare un numero a trentadue cifre, ma la loro massa è meglio percepita se diciamo che assieme contengono una quantità di carbonio paragonabile a quella di tutte le piante messe assieme. E se ci concentriamo sull’azoto e il fosforo, la quantità contenuta, rispetto alle piante, è addirittura superiore.

Si stima che il suolo ospiti il 25% di tutta la biodiversità esistente sul pianeta: da insetti a funghi, da lombrichi a batteri, da molluschi a virus. Varietà estremamente diverse fra loro per dimensione e forma di vita, ma tutte fondamentali per arricchire il terreno di nutrienti, regolare la presenza di acqua e svolgere molte altre funzioni utili allo sviluppo delle piante. Molte forme di vita presenti nei suoli collaborano fra loro come vere e proprie comunità. Un esempio è rappresentato dalla così detta crosta biologica, un insieme di cianobatteri, muschi, licheni e alghe, presenti in particolar modo nei terreni aridi. Varie ricerche hanno dimostrato che la loro presenza rende i terreni più fertili e più capaci di trattenere l’acqua con grande beneficio per i vegetali. Del resto, un’attività primaria svolta in maniera sinergica dalle varie forme di vita presenti nel terreno è la decomposizione, ossia la trasformazione di materiale organico in molecole semplici assorbibili dalle piante, che quindi possono crescere e riprodursi.

Interagendo con la crescita delle piante e con la regolazione dell’acqua, la biodiversità dei suoli è determinante per il raggiungimento di una serie di obiettivi di sviluppo sostenibile contenuti nell’Agenda 2030 dell’Onu. Primo fra tutti il numero 15, che si prefigge di proteggere, ristabilire e promuovere l’uso sostenibile degli ecosistemi. Ma anche il numero 2 che vuole debellare la fame, il numero 3 che persegue la salute per tutti, il numero 6 che contempla l’acqua come diritto universale, il numero 13 relativo alla stabilizzazione del clima. Allo stesso modo è determinante per il raggiungimento di altri obiettivi più di natura sociale ed economica come il numero 1 che dice no alla povertà o il numero 8 che persegue un lavoro decoroso per tutti in vista di una crescita sostenibile.

Ciò nonostante si continuano a compiere scelte che distruggono la vita nel suolo con conseguente riduzione della biodiversità. La Fao ne ha individuate una quindicina fra cui la deforestazione, l’impermeabilizzazione, l’inquinamento, la salinizzazione, l’uso eccessivo di fertilizzanti e pesticidi. Alcune di esse sono praticate anche nella nostra Unione Europea che ha anche azzardato delle stime dei danni: da 0,7 a 14 miliardi di euro a causa dell’erosione, da 3,4 a 5,6 miliardi per la salinizzazione, dai 2,4 a 17,3 miliardi di euro per l’inquinamento. In Gran Bretagna il danno dovuto al degrado dei suoli è stimato all’incirca in un miliardo e mezzo di euro all’anno.

Urge invertire la rotta con particolare riferimento a due aspetti per quanto riguarda l’Italia e l’Europa: consumare meno suolo e coltivare in maniera diversa. Dal 2000 al 2010 nell’Unione Europea l’ampliamento delle città e la costruzione di strade ha fatto crescere le aree urbanizzate del 7%. Situazione particolarmente critica per l’Italia che nel 2019 ha registrato una colata di cemento, asfalto etc., che ha coperto altri 57 chilometri quadrati, 2 metri quadrati al secondo. Aree agricole che rischiano di andare perdute per sempre perché la Fao ammette l’inesistenza di studi esaurienti sui danni biologici inflitti alle aree urbanizzate. Danni che potrebbero essere talmente vasti da impedire un loro recupero all’uso agricolo per tempi lunghissimi.

Altrettanto urgente è abbandonare l’agricoltura intensiva che danneggia i suoli a causa dell’uso di mezzi meccanici troppo pesanti, il ricorso alle monoculture, l’uso eccessivo di fertilizzanti chimici, di diserbanti, di antiparassitari. Il tutto in nome di aumenti di produttività che non conoscono limiti. L’alternativa è il ritorno a un’agricoltura rigenerativa, più rispettosa dei ritmi della natura e dei suoi cicli biologici. Ma per farlo dobbiamo cambiare visione. Dobbiamo passare da un’economia del “quanto” a un’economia del “come”, da un’economia dell’accumulo a un’economia dell’equità, da un’economia della sopraffazione a un’economia del rispetto. Non solo per le persone, ma anche della natura, la madre che tutti nutre senza chiedere alcunché in cambio se non la tutela della sua integrità.

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