sabato 27 luglio 2013
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La notizia è uscita un paio di mesi fa e ancora, sulle spiagge che timidamente s’affollano, fa discutere: suocero querela nuora perché cucina male gli agnolotti. Un argomento classico da bar che va a dividere gli uomini (quasi tutti dalla parte del suocero) e le donne (sodali con la nuora). Ma in realtà cosa c’è dietro a una notizia che ha il sapore dell’esasperazione e forse anche della povertà dei rapporti di questa epoca?
Le ipotesi sono diverse. Il cibo cucinato, che evoca profumi divenuti propri, è in fondo una delle ultime certezze in un mondo in cui tutto sta crollando assai rapidamente. E la ricetta, se ci pensiamo bene, rappresenta un mondo perfetto, un qualcosa che tutto sommato riesce bene e può portare a un lieto fine. Per questo le trasmissioni televisive dedicate al tema, che quest’anno hanno fatto il boom, sono seguite anche da chi non sa accendere un fornello. La più eclatante (e patetica) di tutte è forse "Cucine da incubo", dove uno chef coronato come Tonino Cannavacciuolo, ha accettato di assumere i panni del principe azzurro dai tratti goffi, che si cala dentro alle tensioni di improbabili cucine di trattorie e ristoranti per insegnare come far convergere quell’amore fra persone che va poi a trasmettersi nel piatto. E vissero felici e con tanti clienti. Un lieto fine, insomma, come una ricetta ben riuscita, come un successo ritrovato, col segreto semplice di lasciar fuori dai fornelli le tensioni personali.
Però il suocero arrabbiato che vuol portare la nuora in tribunale svela altre due faccende. La prima è che quel signore s’è sentito in qualche modo sbeffeggiato e un po’ tradito nell’aspettativa mai scritta che attraverso un piatto cucinato una persona, in fondo, sa trasmettermi stima, calore, affetto. E nella fragilità dei rapporti quante volte quel particolare del cucinare con evidente scontatezza rappresenta la goccia che fa traboccare il vaso. Dovrebbero saperlo nuore, figlie e mogli: il cibo è anche comunicazione, vettore di messaggi tutt’altro che secondari, come quei particolari che rendono l’idea del tutto. Tuttavia emerge anche una pretesa un poco sciocca: devo mangiare bene, come se la nuova religione fosse l’edonismo, inteso come soddisfazione di un piacere a basta. E allora vai altrove, verrebbe da replicare al cultore di agnolotti della nonna. Ma la verità sta sempre in mezzo.
Se potessi consigliare quella nuora le direi di andare a far la spesa, di prendere della buona carne da tritare, delle verdure da stufare e di inventarsi un agnolotto dissociato con la pasta che anziché un involucro si trasforma in straccetti da scottare in acqua bollente. Sarebbe un’ammissione di colpa, come a dire: l’agnolotto della suocera non sarà replicabile, ma coi medesimi ingredienti ecco come mi sono impegnata per te (o lei, o voi). Se poi anche questa soluzione non le riesce, potrei sempre fornirgli il cellulare di Cannavacciuolo: molto meglio di un avvocato cara mia!​
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