Sulla pelle dei più deboli
venerdì 11 novembre 2022

Non riguardasse un dramma, una tragica questione di vita e di morte che si consuma quotidianamente nel mare di casa nostra, verrebbe da derubricare a lite infantile quella scoppiata tra il nostro governo e l’esecutivo francese.
Perché le minacce e i toni utilizzati, da un versante all’altro delle Alpi, assomigliano più a quelli che due ragazzacci si urlano in faccia prendendosi a schiaffi, che non al comportamento maturo e responsabile che sarebbe lecito attendersi dai governi di due grandi Paesi, legati da millenni e da 70 anni nucleo fondante di quella Comunità di Stati che oggi chiamiamo Unione Europea.

Lo spettacolo messo in scena in questi giorni da Roma e da Parigi è semplicemente desolante. Da qualunque punto di vista lo si esamini. Profondamente sbagliato e inutilmente crudele – lo abbiamo già sottolineato su questa pagina – il comportamento del nostro governo che prima rallenta l’approdo di navi cariche di naufraghi, poi ne autorizza alcune all’ingresso in porto, opera soccorsi selettivi definendo «carico residuale» quelli lasciati a bordo, salvo poi dover prendere atto della realtà che anche questi ultimi sono esseri umani e non una sub-categoria catalogata come “migranti”. Persone fragili, per le condizioni in cui sono state strappate alla morte in mare e più ancora per ciò che hanno vissuto in Libia. Anche – tragicamente anche – a causa degli effetti di accordi sbagliati e disumani stretti dai governi italiani di centrosinistra – e mai cambiati da quelli successivi – con amministrazioni di dubbia natura in Libia, spesso complici di schiavisti e trafficanti di esseri umani. Infine, la scelta di impedire l’approdo in Italia alla Ocean Viking, con a bordo 234 naufraghi, intimando di «far rotta verso la Francia», di cui è originaria la Ong Sos Méditerranée, «o per la Norvegia» di cui la nave batte bandiera. Scelta che rivela molto chiaramente come il nuovo esecutivo, a pochi giorni dal giuramento sulla Costituzione, cercasse solo l’occasione propizia per una provocazione, per sollevare il problema dei flussi migratori sia in sede europea (pur guardandosi bene dal polemizzare con gli Stati nazionalsovranisti e totalmente non collaborativi e non accoglienti) sia come atto dimostrativo in chiave interna. Una forzatura politica ricercata. Anche a costo di farlo sulla pelle di qualche centinaia di profughi.

Allo stesso tempo, però, pure il comportamento di Parigi è stato tutt’altro che politicamente adeguato, solidale e maturo. Con il “tira e molla” sull’accoglienza delle persone a bordo della Ocean Viking – sì, no, a Marsiglia, a Tolone – le proteste in sede Ue, le rimostranze nei confronti del nostro governo. E, da ultimo, le incredibili minacce di ritorsioni: non solo «non accetteremo più i ricollocamenti di richiedenti asilo dall’Italia alla Francia», ha avvertito il ministro dell’Interno francese, «ma chiederemo anche agli altri Paesi europei di fare altrettanto». Reazione davvero spropositata, anche rispetto alla forzatura dell’esecutivo Meloni. E che, pure in questo caso, si consuma sul destino di persone che scappano da guerre, violenze e fame. Prese di posizione, quelle di Parigi, che assumono infine i colori della farsa quando si scopre che degli 8mila richiedenti asilo da redistribuire nei Paesi europei aderenti al relativo accordo, solo 117 hanno effettivamente trovato una collocazione, di cui appena 38 in Francia.
Di quali ricollocamenti parla allora, il ministro francese? Di quali intese violate dall’Italia, minacciando anche un rafforzamento dei controlli alla frontiera comune?

Verrebbe da chiedersi di quale «amicizia» tra Francia e Italia abbiano mai parlato la presidente Meloni e il presidente Macron, in visita nel nostro Paese proprio nei giorni in cui nasceva il nuovo governo italiano. Su quali «valori europei comuni» si fossero trovati d’accordo. Su quelli richiamati ancora ieri dal presidente della Repubblica Mattarella in visita nei Paesi Bassi: «l’Europa come comunità di valori, di Stato di diritto, di diritti umani»? O su meri rapporti economici e di pura convenienza?

L’Unione Europea è una costruzione tutt’altro che compiuta – e l’incapacità dei suoi vertici di mediare e pacificare in questa vicenda prova che il lavoro da fare è ancora moltissimo e per nulla scontato. Ma in tempi di guerra fratricida in terra d’Europa come quelli che stiamo vivendo, minare le fondamenta della casa comune, con provocazioni sovraniste da un lato e ritorsioni muscolari dall’altro, è miope, politicamente non conveniente per nessuno e disumano per i soggetti deboli presi nel mezzo. È cedere, tutti, a quella stessa logica dell’interesse particolare anziché del bene comune, dello scontro invece della cooperazione, della divisione al posto dell’unione che genera astio e discriminazione, conflitti e distruzione. È questo che si vuole?

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