venerdì 26 luglio 2019
Le parole dei vertici di Fincantieri sui saldatori e gli operai che non si trovano in un Paese con molti disoccupati solleva diversi interrogativi. Le soluzioni ci sarebbero ...
Foto Ansa

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Caro direttore,
hanno fatto clamore le parole dell’amministratore delegato del gruppo Fincantieri, Giuseppe Bono. Ha lanciato l’allarme: «C’è seria carenza di alcune professionalità, in particolare saldatori e carpentieri, noi abbiamo bisogno di 6mila operai, ma non so dove trovarli». La domanda mi viene spontanea: siamo un Paese strano veramente, si dice sempre che non c’è lavoro, eppure non troviamo personale per le nostre aziende? Ognuno giudichi. Massimo Aurioso

Piombino (Li)

Più che strano, direi complesso, gentile signor Aurioso, come complessi sono in realtà i mercati del lavoro delle società moderne. Simili a organismi viventi, che trovano i loro equilibri con continui adattamenti e che celano al loro interno, oltre a organi con diverse funzioni non sempre in perfetta efficienza, anche molte contraddizioni. Le rispondo, su incarico del direttore, per dire che sì, ha ragione: è un paradosso che molti non abbiano lavoro e contemporaneamente per molti lavori non si trovi manodopera. Ma questi fenomeni hanno di solito 4 possibili spiegazioni. La prima è la mancanza di informazioni. O meglio di un sistema efficace che indichi al signor Rossi, disoccupato, che l’impresa dei fratelli Verdi è pronta ad assumerlo, anche se a 200 chilometri di distanza. È dagli anni 90 del secolo scorso che ci si prova, passando dal Sil alla Borsa lavoro, ma ancora evidentemente il risultato non è stato raggiunto. Speriamo che ora i 'navigator' sappiano finalmente tracciare la rotta giusta verso i posti disponibili, almeno per i percettori del Reddito di cittadinanza. La seconda spiegazione possibile è che manchino le persone adatte a quel tipo di lavoro. Nel caso specifico, Fincantieri cerca saldatori e carpentieri. Mansioni per cui non basta la buona volontà, tanto che per fare il saldatore occorre un patentino. Questo non significa che non si possano trovare candidati, ma probabilmente che bisogna orientare meglio la formazione verso quelle professionalità di cui le nostre imprese hanno bisogno. E qui entra in gioco anche un loro ruolo più diretto che sarebbe auspicabile: le vecchie scuole professionali all’interno stesso delle imprese, che negli anni 60 e 70 del Novecento sono state alla base del nostro sviluppo industriale, possono essere rivisitate oggi attraverso un sistema duale scuola-lavoro efficiente. La (felice) esperienza degli Its lo testimonia. La terza spiegazione possibile riguarda il livello di remunerazione. L’amministratore delegato di Fincantieri ha parlato di circa 1.600 euro al mese. Non poco se confrontato al livello medio dei salari operai e anche dei primi livelli impiegatizi. Ma perché solo per gli stipendi non deve valere la legge della domanda e dell’offerta? Se non si trovano operai a 1.600 euro forse a 2.000 le candidature sarebbero più numerose e i maggiori costi per l’impresa potrebbero essere recuperati altrove anziché sul personale, evitando tra l’altro i sistemi di subappalto che, anche nei cantieri, spesso finiscono per favorire il proliferare di false cooperative e lo sfruttamento dei lavoratori. La quarta e ultima spiegazione riguarda il fatto che molti giovani – per il livello di istruzione più elevato raggiunto o perché non interessati a svolgere lavori manuali – preferiscono cercare altre occupazioni, magari più precarie, ma per loro di maggior soddisfazione e meno impegnative. Per molti mestieri c’è quindi una questione di immagine da 'restaurare', di modelli da riproporre in chiave moderna, di un orgoglio del fare, realizzare e creare con le proprie mani che va rilanciato, reso sicuro e soprattutto valorizzato nei fatti. Davanti a un muro tirato su a regola d’arte, a una lastra piegata e saldata a dovere, fino al ponte di una nave ben attrezzato, c’è sempre da tirarsi giù il cappello in segno di rispetto. Non certo meno che per un sito web disegnato al computer o per un articolo ben scritto. In fondo, in questo strano, complesso ed eccezionale Paese, non godiamo ancora oggi delle meraviglie, progettate da grandi ingegneri e architetti, ma realizzate da milioni di umili carpentieri, saldatori, muratori e artigiani? Pensiamo mai, guardando il Duomo di Milano o una nave che solca i mari o anche solo la nostra casa, alla bellezza che ci hanno trasmesso e alle imprese che ci hanno permesso queste persone con il loro lavoro quotidiano?

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