A Taranto le radici e le azioni comuni: reti vive e ben piantate
sabato 23 ottobre 2021

Dovremmo imparare dalle piante. Sono l’85% della biomassa, gli animali appena lo 0,3%. Noi umani, una manciata dei viventi, dominiamo tutto e sfruttiamo molto. Oramai è un’evidenza: consumiamo troppo e le ferite di Taranto sono qui a simboleggiare le tante inferte in ogni dove alla Terra.

Nel rione Salinella, fra le case popolari costruite negli anni Sessanta e la sopraelevata sui due mari della città, Piccolo e Grande, ieri è stato piantato un platano. In tutto sono venticinque, un nuovo parco. Altrettanti ne verranno piantumati fra qualche tempo in un’altra periferia, quella orientale, zona Lama-Tramontone. È una delle "opere segno" della Settimana sociale dei cattolici italiani che si chiude oggi. Per cominciare però domani – questo si spera e si organizza – a mettere radici nelle comunità in tutta Italia. Il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti, affida esplicitamente questo compito ai giovani, veri protagonisti della 49esima edizione: «Solo loro hanno la capacità di spostare la speranza sul presente».

Proprio i giovani platani di Taranto, ora fuscelli e un giorno tronchi imponenti, ci insegnano come si possa crescere anche in condizioni difficili, senza ferire ciò che ci circonda. Se desideriamo un nuovo modello di sviluppo in cui "tutto è connesso" – il lavoro alla salute, la crescita al suo impatto ambientale e sociale – dovremmo prestare più attenzione, come ha suggerito qualche settimana fa un grande botanico come Stefano Mancuso ai giovani di Economy of Francesco, alla strategia evolutiva che ha permesso alle piante di attraversare ere geologiche, in quanto specie, o vivere migliaia di anni quali singoli organismi.

Il loro segreto? Gli alberi non vivono da individui isolati: centinaia di ricerche scientifiche recenti stanno dimostrando che boschi e foreste sono in realtà enormi comunità connesse. Lo sono attraverso gli apparati radicali che si intrecciano sotto terra, scambiandosi nutrienti, acqua e informazioni. Reti estese che possono addirittura includere piante di specie diverse, e che basano la loro possibilità di sopravvivere più sulla cooperazione che sulla competizione.

Ci sono alberi che per decenni si fanno addirittura carico di un ceppo, di una pianta altrimenti morta. Lo fanno perché tenere in vita questo "scarto" è funzionale alla crescita di tutti, allo sviluppo del bosco. Ciò che la Settimana Sociale consegna alla società italiana, alle comunità locali, alla politica, è esattamente la necessità e la sapienza del fare rete fra "piante" anche diverse, fare rete nella Chiesa, fra generazioni distanti, fra Paesi del mondo per affrontare insieme le enormi sfide che abbiamo davanti.

Viviamo certo in un’epoca di poderosi processi trasformativi. Cambiamenti strutturali accelerati in cui la nostra stessa sopravvivenza dipende da dinamiche e scelte globali per noi sfuggenti. Tali decisioni remote hanno però bisogno di essere innestate su comportamenti locali. La dialettica è cioè tra flussi – l’informazione, un virus che si muove rapidamente su scala planetaria, il movimento delle merci – e luoghi. Luoghi come Taranto, l’Amazzonia o quel pezzo di pianura veneta devastata dai Pfas.

Combattere il pericoloso cambiamento climatico dipende da come si vive insieme nelle città e sui territori tanto quanto da quel che si deciderà alla Cop26 di Glasgow. O meglio: da come sapremo rinsaldare il rapporto tra ordinamento (le regole, le istituzioni) e localizzazione. Alto e basso, micro e macro. Il paradigma dell’Alleanza proposto dai giovani al PalaMazzola ne è una possibile declinazione per rigenerare la qualità ambientale e sociale dei quartieri.

Allargando il perimetro, un modello di sviluppo sostenibile è disegnato anche dalle policy elaborate nei tavoli di lavoro della Settimana Sociale su temi generali come la fiscalità, l’occupazione, la generazione coordinata di energia pulita fra piccoli Comuni o l’acquisto consapevole dei consum-attori. Entrambe le proposte alimentano processi partecipativi basati sulle reti locali: radici che s’intrecciano. Sono inoltre percorsi concreti che interessano pure il mondo delle imprese. La digitalizzazione dell’industria e dei processi produttivi, infatti, permette oggi di creare catene del valore regionali al posto di quelle globali: in Emilia Romagna nel 2021 il 40% di fornitori di aziende manifatturiere leader mondiali nella propria filiera è un "vicino di casa".

«Ai problemi sociali si risponde con reti comunitarie», dice Francesco nella Laudato si’. Perché «tutto è in relazione», confermano da milioni di anni gli alberi del bosco e hanno scoperto di recente i fisici delle particelle.

Così i platani del rione Salinella incroceranno presto le radici. Alcuni fra loro ricordano a tutti i bambini e le bambine vittime negli anni per l’inquinamento di acqua e aria. Ma rinsaldando l’apparato legnoso sotto il prato, questi alberi rammentano pure a noi che in un quartiere di Taranto, in Brasile, in Veneto a Glasgow o a Pechino siamo un’unica comunità di destino. Nessuno, cioè, davanti al conto ambientale, economico e sociale che la Terra ci presenterà da qui al 2050, si salverà da solo. Gli alberi e i giovani lo sanno bene.


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