Senza sorpresa (per adesso)
sabato 24 ottobre 2020

Gli strateghi delle campagne elettorali americane sanno bene che un dibattito televisivo muove una percentuale irrisoria di elettori. E non ci si lasci ingannare dallo spietato confronto fra Richard Nixon e John Fitzgerald Kennedy: era il 1960 e lo sgraziato avvocato di Yorba Linda, California non aveva alcuna speranza quanto ad appeal di fronte al futuro re di Camelot, come verrà chiamata la Casa Bianca durante la breve ma folgorante meteora del "presidente irlandese"; e il duello in tv non fece che confermare quel divario estetico prima che politico.

Anche il faccia a faccia fra Donald Trump e Joe Biden andato in scena giovedì sera sul palco della Belmont University a Nashville non servirà a modificare più di tanto il gradimento dei singoli candidati. Che a dover rincorrere l’avversario sia Trump è cosa nota. Che a non dover correre troppo sia, invece, Biden è altrettanto risaputo: il rischio per "Sleepy Joe" di inciampare è sempre dietro l’angolo. Nel dibattito dell’altra sera, per esempio, ha sventatamente guardato l’orologio, un peccato mortale per ogni politico. Ma al di là di ciò che svelano i sondaggi, sul palco di Nashville si è verificato un fenomeno che nessuno aveva previsto. Ed è il fatto che a "The Donald" è caduta improvvisamente la maschera. Non quella antivirus, che ostentatamente per intere settimane ha evitato indossare nonostante gli 8 milioni di contagi e i 200mila morti da Covid. Stiamo parlando di un’altra maschera. La sua, per l’esattezza. Perché in quel confronto si è visto un uomo politico quasi normale. Graffiante, ironico, ma – e questo deve essergli costato più di ogni altra cosa – sostanzialmente rispettoso dell’avversario. Merito soprattutto del bottone "mute" che poteva zittire i due candidati togliendo loro l’audio in caso di intemperanze e anche della moderatrice Kristen Welker, che fra i tre è stata certamente la migliore.

Ma qual è la vera strategia di Trump, l’uomo che un tempo sfidava - se pure per interposta persona - il campione di wrestling Vince McMahon, che tuonava "You’re fired!" (sei licenziato!) nel reality televisivo "The Apprentice", che tifava per Ronald Reagan, poi per Ross Perot, poi per John McCain, poi per Mitt Romney, poi – per un breve interludio – per il già congedato Bill Clinton per finire con l’ingombrante caricatura di se stesso nella pur vittoriosa cavalcata del 2016? Davvero questa nuova versione del Commander in Chief formato "uomo qualunque", che risponde pacato all’avversario mentre nel pomeriggio indossava la maschera consueta affrontando nel chiuso della Sala Ovale lo strapotere cinese, i mercati in difficoltà, il Covid che non sa come domare se non minimizzandolo, le turbolenze di piazza, i focolai di rivolta che non sono che i prodromi per ora limitati di una prova generale di guerra civile, potrà far breccia sugli indecisi?

Davvero la maschera dell’everyman gioverà al consenso tuttora fiacco del presidente? Il primo risultato per ora dice il contrario, perché assegna a Biden una vittoria netta – 53 a 39 secondo la Cnn – ma occorrerà vedere molte cose prima del 3 novembre. E soprattutto non credere mai troppo ai sondaggi, anche perché quasi 50 milioni di americani hanno già votato.

Cosa manca dunque a questo finale di partita, visto che perfino il virus si è schierato con i dem premiando Biden che stava appartato e protetto dalla mascherina e punito Trump che di quel brandello di stoffa non ne voleva sapere? Forse la fantomatica October Surprise, di cui da settimane si favoleggia. Nel 2016 in effetti ce ne fu una e deflagrante, quando l’allora direttore dell’Fbi James Comey annunciò a dieci giorni dal voto la riapertura delle indagini sulle email di Hillary Clinton. Ma oggi?

«Dobbiamo imparare a convivere con il virus, non possiamo chiuderci in un sottoscala, come fa Joe», ha detto The Donald. «Più che a convivere, stiamo a imparando a morire con il virus», ha risposto amaramente Biden. Ha ragione lui, ma chissà cosa pensa davvero lo Stato Profondo, quel Behemoth che giace sotto traccia nelle vene dell’America e che esala impunito i suoi spiriti animali. Precisamente quelli su cui punta Donald Trump. Il cui feeling con il lato oscuro della forza è davvero incontestabile. E questa non è una sorpresa.

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