«République» e cattolici: tre parole, uno scandalo
sabato 21 aprile 2018

Saggezza, impegno, libertà. Sono le tre parole nelle quali il presidente Emmanuel Macron sintetizza ciò che la Francia attende dai suoi cittadini cattolici.

Come Mauro Magatti ha rilevato martedì 17 aprile su queste stesse colonne, il discorso tenuto dal capo dell’Eliseo al Collège des Bernardins è importante, non solo per la Francia e al di là delle ovvie valutazioni di opportunità politica. Lodando la secolare saggezza della Chiesa (e di altre religioni e filosofie) nella lettura dei fenomeni umani, sottolineando l’impegno sociale delle comunità cattoliche e chiedendo ai credenti in Cristo di non far mancare la loro parola libera in una società che rischia di appiattirsi, Macron riconosce un ruolo importante alla vita cattolica come “linfa” della società.

Magatti ha affermato che con tale discorso Macron «ridisegna i rapporti tra Chiesa e Stato». In che senso? Se la cosa è in questi termini occorre porci alcune domande, non solo a riguardo di Macron, e del potere da lui rappresentato, ma di noi stessi. Le tre parole chiave sono tanto importanti quanto generali. Se di saggezza si parla occorre poi entrare nei contenuti di tale saggezza e verificare la considerazione in cui vengono effettivamente tenuti.

Di certo, Macron e la cultura di cui è espressione avvertono un deficit nella politica e nel potere politico per affrontare la natura antropologica di tanti problemi posti al mondo europeo contemporaneo da fenomeni in rapida evoluzione come la pervasività tecnologica, le manipolazioni dell’umano, le migrazioni dei popoli, le conseguenze sulla vita delle persone e sui loro diritti di un’economia spesso irresponsabile, le urgenze ecologiche. E ricorrono, come in questo caso, alle tradizioni di pensiero più forti per avere, per così dire, supporto.

Ma se un suo antico (e regale) predecessore diceva che la conquista di Parigi «val bene una Messa» intendendo con ciò che il raggiungimento e il mantenimento del potere può anche giustificare un tributo alla Chiesa, occorre stare attenti a che il supporto di saggezza richiesto sia per una reale e nuova lettura antropologica in una situazione difficile e non solo per una sorta di “benedizione” o lasciapassare. E questo, va detto chiaro, più che un problema di Macron è un problema dei cattolici: stanno generando una saggezza? Stiamo creando una cultura originale, forte e non prona al pensiero dominante di fronte all’altezza delle sfide? Dove? Come si esprime? Impegno, ha aggiunto il presidente francese.

Ma l’impegno è figlio della libertà, interiore ed esteriore, e frutto di intelligenza del reale non solo di buona volontà. Avere buoni cittadini impegnati è un valore per ogni Stato. Ma sulla base di cosa si disegna il profilo di tale impegno? La grande letteratura ci ha sempre avvertito, da Sofocle a Havel passando per il nostro Manzoni, che il “buon cittadino” desiderato dallo Stato non coincide necessariamente con l’uomo religioso o il cattolico impegnato. Ad esempio, da tempo la cultura cattolica ha individuato in una “emergenza educativa” uno dei problemi vitali del presente (e innumeri fatti lo testimoniano drammaticamente).

Ma l’impegno e le avvertenze in tale campo come vengono valutati davvero? E nell’improntare risposte ai fenomeni di grande migrazione o tensione internazionale davvero la politica accetta i suggerimenti dell’impegno di pace e della “relazionale” saggezza dei cristiani? Il cristianesimo non è “una cultura”, avvertiva Carlo Bo, grande studioso di letteratura francese. Intendeva, come via via han ripetuto tutti i Papi, che se la fede non genera cultura è morta, ma che d’altra parte la fede è innanzitutto lo “scandalo” per la presenza viva di un Corpo risorto nella storia. La nostra fede sta generando cultura e impegno segnati da tale scandalo, vera nostra originalità?

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