Ciò che sa muovere: una storia d'amore
sabato 19 agosto 2017

Sul Meeting che inizia a Rimini ne sono state dette e se ne dicono di tutti i colori. È normale, ogni fenomeno pubblico si presta a molte interpretazioni, spesso sincere, altre volte dipendenti dal tipo di occhiale che l’osservatore vuole o sa indossare. Se mostrate un cavallo a chi ha sempre e solo voluto osservare topi e pensa che il mondo sia abitato solo da topi, resterà un po’ confuso o tenderà a dire che è un topo molto grande. È normale, si sa. Ma al cuore del Meeting – come di tante altre manifestazioni in Italia e in giro per il mondo, al cuore di opere di carità, di opere sociali e imprenditoriali – c’è una persona o, meglio, come si dice in questi casi, il carisma di una persona.


Don Luigi Giussani, prete brianzolo all’origine di Comunione e Liberazione, ha vissuto, secondo papa Benedetto XVI una grande storia di amore con Cristo. «Una storia di amore che è tutta la sua vita [e che] era tuttavia lontana da ogni entusiasmo leggero, da ogni romanticismo vago». Papa Francesco parla spesso di «incontro» – parola chiave della vita di Giussani – dichiarando quanto la lettura dei testi del prete brianzolo sia stata importante per la sua formazione.


Non si può comprendere il Meeting, come tante altre iniziative di persone segnate dall’incontro con don Giussani, senza tener conto di questa cosa. Lo diceva lui stesso in una lettera a papa Giovanni Paolo II: «Non solo non ho mai inteso "fondare" niente, ma ritengo che il genio del movimento che ho visto nascere sia di avere sentito l’urgenza di proclamare la necessità di ritornare agli aspetti elementari del cristianesimo, vale a dire la passione del fatto cristiano come tale nei suoi elementi originali, e basta». Un cristianesimo elementare, certo di poche grandi cose. Pensare dunque al Meeting come alla manifestazione di una specie di partito, è fuorviante. Del resto, come accade per tutte le grande esperienze carismatiche, si pensi al francescanesimo, il patrimonio di don Giussani supera di gran lunga i confini del "gruppo" che dice di ispirarsi a lui direttamente.


Il "movimento" che la personalità del prete brianzolo, il giussanesimo, ha provocato nella Chiesa e nel mondo è più vasto di quanto avviene in un solo gruppo o contesto e si sta propagando per il mondo, come lui stesso aveva previsto, in comunità, contesti e forme varie. Ne incontro segni in molti luoghi. Il Meeting è uno dei momenti in cui si esprime una parte di questa ricchezza, fitto di incontri e confronti con gente di ogni genere, come è nella natura di un cristianesimo aperto, appassionato e originale. Leggere e misurare il Meeting come se fosse solo espressione di un certo gruppo non lo fa intendere per quel che è, segno di una Chiesa in cammino nel mondo di oggi, nel cambio d’epoca.


Il tema stesso di quest’anno richiama la necessità di vivere in modo nuovo eredità passate. E la Chiesa – di cui Giussani come Wojtyla e Ratzinger e ora Bergoglio è stato un riformatore – vive per prima e per se stessa sempre questo tema. Il Meeting lo fa secondo un modo che don Giussani chiamava la «presenza» ovvero non tanto mettendo a tema in convegni questioni filosofiche o morali bensì mostrando e incontrando esperienze in corso dove le importanti questioni del cuore umano sono vissute e mai in modo tranquillo. Chiedere altro al Meeting – ad esempio di essere un laboratorio politico italiano – è improprio. Ed è un paio di occhiali sbagliato. Più interessante, e vero, vedere e scoprire come la «storia di amore» di un uomo muove la vita e il pensiero di tanti in diversi ambiti del mondo d’oggi.

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