Questo tempo di razzisti senza vergogna e la giusta risposta dello «ius culturae»
sabato 9 settembre 2017

Caro direttore,
ho letto con attenzione la sua gentile risposta alla lettera del professor Bellavite (su “Avvenire” di venerdì 25 agosto 2017). Fondamentalmente la condivido, ma mi sento di condividere anche alcune perplessità che vengono esternate dal coordinatore della associazione “Noi siamo Chiesa”. Io sono un medico ospedaliero ormai vicino alla pensione e, magari con un po’ di presunzione, mi sono sentito “fotografato” dalla immagine di quello che ha il Vangelo in una mano e “Avvenire” e la Costituzione nell’altra. Sono un lettore quotidiano di questo giornale da anni, e quindi in grado di apprezzarne le lodevoli e meritorie campagne di informazione sui molti temi importanti che assillano la nostra Italia e il mondo in generale. Ho fondato una Associazione culturale che si chiama «Laudato si’» con il programma di far conoscere e diffondere i contenuti della bellissima enciclica di papa Francesco. Non mi dilungo ulteriormente e vengo al motivo di questa mia lettera. C’è un problema di rappresentanza dei cattolici in politica? Mi pare di sì e mi sembra anche che il “nostro” giornale lo abbia ben evidenziato ospitando con una certa continuità articoli di opinionisti, parlamentari e lettori sull’argomento. Proprio per questo, mi chiedo: come è possibile che sia stata riportata la dichiarazione di Angelino Alfano sul tema dello ius culturae: «Rischiamo di fare la cosa giusta al momento sbagliato» senza nemmeno una riga di commento? Abbiamo letto il messaggio del Papa nella giornata del Migrante. Abbiamo assistito alle solite strumentalizzazioni di Salvini che fa il consueto sciacallaggio contro la Chiesa e il Papa senza capire che il messaggio di Francesco era di portata mondiale e non solo riferito al nostro “cortile” (cosa, del resto, ampiamente e ben documentata da “Avvenire”), e non si dice nulla delle dichiarazioni di Alfano? Questi personaggi come possono pretendere di rappresentare i cristiani in politica se continuano a uscirsene con queste posizioni? Un cordiale saluto.
Francesco Gennaro, Rovigo


Gentile e caro amico,
l’infelice frase di Angelino Alfano che lei cita è identica a quelle pronunciate apertamente da altri suoi ex colleghi di partito rimasti in Forza Italia e più segretamente da parlamentari sparsi in quasi tutti i gruppi senatoriali. La trovo grave, risultato di calcoli che nulla hanno a che fare con la giustizia. Ma ammetto che è comunque migliore – anche se, nella sostanza, non così tanto – delle parole del tutto insopportabili e per me irripetibili scagliate da altri politici, ormai specializzati in slogan feroci che eccitano il peggio in quei settori dell’opinione pubblica nazionale che non si vergognano più di manifestare il loro razzismo. Trovo sconvolgente il livido ritorno di questa vecchia, terribile malattia politica e sociale. Sono cresciuto in un’Italia civile, o almeno innamorata della civiltà, e dolorosamente consapevole degli orrori prodotti nel cuore del Novecento dalle pretese di superiorità razziale dei nazifascisti; un’Italia nella quale essere razzisti e manifestarlo suscitava reazioni nette e chiare e induceva, appunto, nei casi migliori a vergogna e in tutti gli altri almeno a cauta dissimulazione chi aveva osato giudicare e "trattare" un uomo o una donna discriminandolo per luogo di nascita, cultura di origine, colore della pelle. Insisto, il nostro problema, oggi, è questo: i razzisti non hanno più vergogna.

Alfano non è un razzista. A mio parere non affronta però come potrebbe e dovrebbe i razzisti e anche coloro che nel suo partito con i razzisti sono pronti a giocare di sponda (e di poltrona) per tentare una qualche personale sopravvivenza politica. Non abbiamo commentato le sue parole? Per la verità il nostro commento sta scritto in un editoriale dedicato alle meschinerie politiche contro la legge sullo ius culturae (che continua a essere definita sullo ius soli, anche se nessun nuovo nato sulle spiagge italiane diventerà solo per questo cittadino del nostro Paese) intitolato «Questa legge s’ha da fare», che ho scritto per la prima pagina dello scorso 17 luglio e che è ancora e sempre a disposizione della riflessione di lettori abituali od occasionali sul nostro sito internet. A proposito del rischio di «fare la cosa giusta al momento sbagliato» e della proposta di rinviare la questione alla prossima legislatura ho annotato: «Questa melina non convince, non rassicura e dà da pensare. E non possiamo proprio rinunciare a ripetere ancora una volta che non c’è mai un momento migliore e sempre di là da venire per fare ciò che deve essere fatto per onestà, per giustizia e per il bene del Paese. In questi casi, il momento è sempre adesso, anzi lo era già ieri...». Un’opinione chiara, mi sembra. Che ho voluto fosse accompagnata da parole di carne e sangue, di anima e di cuore, di sudore e di intelligenza attraverso la pubblicazione quotidiana, a due a due, delle storie di giovani «italiani senza cittadinanza» che qualcuno vorrebbe ancora tenere nel limbo. È un racconto che continua su "Avvenire" ogni giorno, su carta e sulle nostre pagine internet. Diciamo apertamente e motiviamo ciò che pensiamo: lo ius culturae e parte della giusta risposta alla campagna politico-mediatica che ingrossa fila e vene della xenofobia. Così come Alfano dice ciò che pensa, o – meglio – ciò che pensa possa tornargli politicamente utile: la risposta è giusta, ma non va data adesso. Ma se non ora, quando?

Comunque ciò che viene detto anche da Alfano oggi non è solo all’opposto di quel che pensiamo lei, io e tanti altri, ma anche di ciò che lui stesso ha votato alla Camera dei deputati. La nostra opinione è semplice, chiara, stabile; la sua purtroppo no. Se il leader di Ap non è più d’accordo con se stesso o con un pezzo del suo partito al Senato, il problema è prima di tutto suo oltre che, ovviamente, di chi subisce le conseguenze di certe scelte o non-scelte.

Me ne dispiace, e come cittadino e come cattolico mi auguro che Alfano, ministro del mio Paese e politico che si dichiara cristianamente ispirato, sappia tornare sui propri passi. Così come mi auguro che le persone giuste, in qualunque partito e movimento militino, qualunque opinione politica abbiano, la smettano di parlare per cattive frasi fatte e agiscano, invece, secondo giustizia. Per il resto sono e rimango convinto di quanto sperimento e scrivo da molti anni: lettori ed elettori, cristiani e no (ma i cristiani con un dovere di solidarietà e di concittadinanza persino più forte), se e quando vengono correttamente informati, sono perfettamente in grado di valutare a ogni proposito quanto un politico si dimostri, nei fatti, coerente e rappresentativo.



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