Questi mastini siamo noi?
venerdì 8 ottobre 2021

Certi giorni, questo mondo in cui viviamo pare strano. Intendo questo nostro mondo, questo Occidente. A guardare i tg certe sere sembriamo gente sempre più evoluta, più attenta ai diritti di donne, e neri, e omosessuali, a ogni minoranza, sensibile anche all’ecologia del pianeta. Gente insomma che coltiva il rispetto di sé e dell’altro, e a scuola insegna ai figli a ricordare ed esecrare – in prestabilite, dedicate giornate – ogni persecuzione e violenza della storia.

Poi una mattina guardi sul web le immagini del reportage di Lighthouse, organizzazione giornalistica indipendente, dalla frontiera fra Bosnia e Croazia. Un bosco fitto, un fiume, ombre fra il fogliame. Uomini in divisa scura, senza scritte, il volto coperto, brandiscono il manganello in dotazione alla polizia regolare croata. Passi di corsa, tonfi, un lamento. Urla di sottofondo, un coro da girone d’inferno.

Uomini, infine, inseguiti, bastonati, la schiena marchiata dai colpi. Picchiati, si direbbe, con gusto dai vigilantes in nero, ricacciati giù, oltre il fiume, oltre il confine – là dove, intrusi, sotto-uomini, devono restare.
Lighthouse sostiene di poter dimostrare che le milizie-ombra che proteggono i confini dell’Unione fanno capo ai governi dei Paesi coinvolti e a Frontex, cioè all’Europa. Cioè che, in sostanza, quei tipi con i manganelli li pagheremmo noi. Non è la prima volta che l’attività giornalistica di Border violence monitoring, controllo della violenza sui confini, fotografa in Croazia e altrove gravi maltrattamenti.
Avvenire, che giovedì ha lanciato quel video-atto d’accusa sul suo sito con un articolo di Nello Scavo, aveva già mostrato il respingimento violento di una famiglia con bambini, in Croazia.

Ma diverso è pensare all’iniziativa isolata di un comando di un posto di frontiera, da un’operazione finanziata e preparata nell’ombra. Con portamento da squadre militarmente addestrate, ma divise anonime. Mastini a guardia delle nostre mura: ma noi, educati, corretti, di vivere dentro a una tale fortezza lo sappiamo?
Torni a guardare la selva oscura e i pestaggi, al confine dell’Europa. Ce ne vengono, da colleghi coraggiosi, dei flash, che non arrivano a essere scelti in genere per l’apertura dei telegiornali. La Border violence monitoring non eccita i social, non fa salire l’audience. Non 'buca' l’opinione pubblica. Nemmeno se si provasse che a finanziare i respingimenti violenti, alla fine, siamo tutti noi?
Davvero, certi giorni ti pare di vivere in un mondo strano. Siamo diventati – a parole almeno – così corretti, così rispettosi di tutti e di ognuno.

C'è tutto un lessico occidentale profondamente 'giusto' che ci sta addosso, obbligatorio, e osservando il quale forse ci sentiamo più buoni. Tuttavia, stranamente, pur così moderni e democratici non sentiamo altre parole, non vediamo altre facce, anche se passano sul web. Non ascoltiamo quei gemiti come di animali bastonati lungo un fiume, non pensiamo che quei padri e madri e figli dall’altra parte sono persone, esattamente come noi. Un po’ ci siamo commossi, è vero, per i bambini afghani fatti passare oltre il filo spinato all’aeroporto di Kabul. Tanti però, tra coloro che quel muro non l’hanno superato, arriveranno allo stesso fiume tra la Bosnia e la Croazia: e allora non saranno più perseguitati o profughi, ma solo 'clandestini' – da fermare, in ogni modo. Guardi le schiene segnate dalle legnate, pensi a quanto freddo deve fare già ora nei boschi della Bosnia, di notte – pensi a chi stringe fra le braccia un bambino. Come mai, ti domandi, ai nostri figli a scuola insegniamo a deprecare solo il male del passato? Non è forse più facile, condannare ciò che i nostri padri hanno fatto, non ciò che noi facciamo o lasciamo fare? Mostriamo nelle scuole queste feroci immagini dal confine croato. Che affiori in noi almeno un dubbio: viviamo corretti, beneducati, e intanto siamo come dentro a una fortezza sorvegliata da mastini. Ce ne rendiamo conto? Al di qua siamo uomini – al di là, pare, no.

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