Quel silenzio su mazzettopoli: Confindustria e governo, niente da dire?
sabato 27 giugno 2020

All’avvio degli Stati Generali, Il presidente del Consiglio ha cercato di fugare i sospetti di un pregiudizio del suo governo nei confronti della libera iniziativa economica. Ma Confindustria e molti commentatori non ne sono stati convinti e hanno continuato a rimproverare all’esecutivo un atteggiamento se non punitivo certamente improntato alla diffidenza. Una dialettica che ha molte sfaccettature e può essere valutata in modi diversi.

Senza prendere parte alla distribuzione di torti e ragioni, colpisce in queste ore l’assenza di significative reazioni, da entrambe le parti, all’inchiesta che ha scoperchiato a Milano un giro corruttivo che riguarderebbe l’aggiudicazione di appalti per i trasporti pubblici dell’Atm. Fatta salva la presunzione di innocenza, che deve essere concessa a tutti i soggetti coinvolti, ciò che emerge è particolarmente preoccupante e sconfortante.

Non si tratta soltanto dell’ennesimo episodio di una Tangentopoli che è stata resa pubblica nel 1992 ma aveva radici più lontane, probabilmente proprio nel settore delle metropolitane milanesi. Se allora la metastasi era soprattutto politica, con i partiti a fare da famelici percettori di mazzette in un sistema perverso di finanziamento, ora il malcostume sembra confinato all’arricchimento personale e societario. Il risultato è però lo stesso: illegalità che chiama illegalità con danno patrimoniale (e in questo caso anche minaccia alla sicurezza) degli utenti dei servizi pubblici.

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In tale quadro che indica come il faro della magistratura e decenni di proclami a favore di un rinnovamento della classe dirigente nel segno dell’onestà e della trasparenza non siano elementi sufficienti di prevenzione, pochi sono sembrati consapevoli delle dinamiche di fondo che affiorano. Non c’è solo il funzionario che è riuscito, indisturbato, a crearsi una nicchia di potere discrezionale mascherato sotto la facciata delle procedure imparziali.

E c’è da chiedersi – sempre che i fatti siano andati secondo quanto descritto dalle meritorie indagini (ci sono le prime confessioni) – come ciò sia stato possibile, in una Spa comunale, che è considerata tra le più efficienti, con partecipazioni all’estero e un welfare all’avanguardia per i propri 10mila dipendenti. Ma sarebbe un grave errore limitarsi (come è stato fatto) al "linciaggio" del manager avido che suggerisce di posare cavi non a norma (tanto lo si scoprirà solo in caso di rari eventi catastrofici) e che voleva aprire in Svizzera un conto "Gabbietta" (sberleffo a Mani Pulite). Tutti guardano il dito e nessuno vede la Luna. Che è grande e sfacciata: Luna piena.

Infatti, numerose tra le grandi imprese nazionali e multinazionali nel settore dei trasporti su rotaia, con i loro dirigenti, tranquillamente trattavano le 'compensazioni' per ottenere appalti truccati oppure accettavano informazioni riservate utili ad avere un vantaggio truffaldino nei confronti dei concorrenti. Sono state 'costrette' a scendere a compromessi per non per perdere commesse rilevanti? Non sembra, attualmente. Se l’interlocutore era un funzionario Atm con pochi complici interni, avrebbero potuto facilmente denunciarlo. Il dirigente che riceve l’offerta irregolare per l’appalto riferisce ai vertici aziendali, che gli dicono di prendere contatto con la Procura e di organizzare una trappola in stile arresto di Mario Chiesa. Poi l’amministratore delegato si presenta ai media annunciando che grazie alla propria segnalazione un dipendente corrotto della società appaltatrice è stato arrestato. Quale migliore promozione di impegno etico per una grande azienda? Ma forse è tutto più semplice se si versa una modesta mazzetta e si vince la gara.

Soldi e promozioni per tutti. Senza complicazioni. Una volta vinciamo noi, una volta vincete voi. Alla faccia dei princìpi di mercato, della sana concorrenza, del miglior servizio ai cittadini-utenti. Salvo poi l’incidente di percorso dell’inchiesta che porta tutto alla luce. Allora a pagare sono in tanti, compresi azionisti incolpevoli. I dirigenti coinvolti sono italiani ma anche stranieri. Il sospetto è che una cultura d’impresa diffusa sia piuttosto restia a incorporare i codici etici che tanto spesso vengono sbandierati. Nessuno, in Confindustria e nel Governo, ha qualcosa da dire su tutto ciò? Non sono queste le vicende concrete dalle quali partire se si vuole discutere costruttivamente di libera impresa e di come sostenerla?

Abbiamo disperatamente bisogno di aziende efficienti e innovative, la ripartenza italiana deve basarsi anche su di esse. Richiamare e coltivare i valori della legalità e della correttezza, sia nel settore pubblico sia in quello privato, non è un lusso fuori luogo, bensì una costante necessità morale ed economica insieme. Girarsi dall’altra parte costituisce un’inerzia colpevole.

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