mercoledì 5 febbraio 2014
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Anche quest’anno la «Procter & Gamble», la potente multinazionale di prodotti per la cura della persona e della casa, ha lanciato in rete un efficace spot per le Olimpiadi invernali di Sochi. Anche quest’anno a essere ringraziate sono le mamme, esattamente come era successo per le Olimpiadi di Londra del 2012. Nel video, che ha presto fatto il giro del mondo assumendo un’incredibile popolarità per la tenerezza e la dolcezza dei suoi toni, sono riprese mamme immolate alla causa dei successi (sportivi) dei loro figli. Mamme che raccolgono i figli caduti coi pattini, mamme che curano ferite e contusioni ottenute con lo snowboard e gli sci, mamme che sostengono, incoraggiano, accompagnano, si sacrificano giorno per giorno fino a commuoversi per la meritata vittoria dei pargoli divenuti ormai grandi. Mamme, sempre mamme, solo mamme. Mamme sole, soprattutto. Colpisce infatti la totale assenza dei padri. Anche questa volta nel video non c’è traccia di alcun uomo, nemmeno in un fotogramma, né da lontano o fuori fuoco, nemmeno ripreso per sbaglio. È l’apologia del rapporto mamma-bambino, proposto come esclusivo, fondante e sufficiente per raggiungere la felicità di donna. Viene celebrata una mamma che agguanta il figlio da piccolino e non lo molla più, che fa tutto da sola, caparbia e al tempo stesso orgogliosa di questo totale ribaltamento di sé sul figlio.L’uomo, il padre, è fatto fuori. Lui che potrebbe difendere, che potrebbe incoraggiare e rassicurare e consigliare e togliere le paure è espunto dal rapporto. Ridotto a semplice donatore di gameti, per lui non c’è più posto nella neo coppia mamma-bambino che si costituisce come unica e indissolubile. Accessorio inutile per la madre e presenza irrilevante per il figlio, l’uomo non è contemplato nemmeno nella sua riduzione ad accompagnatore o spettatore. Semplicemente non esiste più. Eppure il bambino è rapporto con un rapporto. Cresce dentro una relazione nella quale fa esperienza che il bene non è autoprodotto, ma ricevuto. Lo scopre soprattutto constatando che mamma e papà non sono fonti autonome dispensatrici di beni, ma a loro volta li ricevono l’uno dall’altra, anzi moltiplicano i beni nella loro relazione in modo che anche lui ne possa godere. In questa prospettiva diventare bravo in uno sport, persino un campione se ce ne sono le possibilità, per il figlio non acquisisce più il senso di soddisfare l’orgoglio della mamma, di risarcirla dei tanti sacrifici fatti, di renderla finalmente felice. Diventa piuttosto l’occasione di riproporre per sé quell’esperienza di soddisfazione e di riuscita che ha già visto realizzata in diversa forme nei suoi genitori, che gliel’hanno offerta come anticipo di ciò che sarebbe accaduto anche a lui, mettendoci del lavoro.Anche nel caso in cui in famiglia fosse davvero presente solo la mamma – perché il papà si è dileguato o è scomparso – questa farà un favore al suo bambino nel non fare coppia con lui, nel ritenerlo sempre terzo. Terzo rispetto ad altri rapporti significativi per sé nei quali sperimentare in prima persona la soddisfazione come ricevuta.Lo slogan dello spot P&G recita: «Per averci insegnato che ogni caduta ci rende più forti. Grazie di cuore, mamma». Peccato davvero che si censuri che per poterlo fare una mamma deve avere anche lei chi la raccoglie se cade, chi le medica le ferite, chi la consola se si scoraggia e festeggia i suoi successi. Deve avere anche lei qualcuno che la consideri interessante per la propria vita rendendosi a sua volta vantaggioso e benefico per lei.
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