Quando la Corte assolve (ma allora non fa più notizia)
domenica 23 giugno 2019

Lotta alle mafie e donne e uomini dell’antimafia ingiustamente accusati Giustizia e verità. Proviamo a ragionare, partendo dai fatti. Quasi un mese fa Carolina Girasole, sindaca coraggiosa di Isola di Capo Rizzuto, è stata assolta anche in appello dall’accusa di essere stata eletta con i voti della cosca Arena e di turbativa d’asta per la gestione dei beni confiscati al clan. Sei giorni fa, col rito abbreviato, sono stati condannati a pene pesantissime, fino a 20 anni di reclusione, ben 65 personaggi, mafiosi e no, accusati, di aver messo le mani sull’enorme Cara di Isola di Capo Rizzuto, con ricchissimi affari a danno dei richiedenti asilo e dei fondi pubblici. Operazione Jonny contro la cosca Arena scattata nel maggio 2017. Proprio le stesse persone che Girasole aveva individuato bloccandone gli affari, e – loro sì – colluse con la ’ndrangheta. Gente che l’aveva più volte attaccata. Lei, dopo 168 giorni di arresti domiciliari, e due gradi di giudizio, è libera e doppiamente assolta.

Coloro che lei denunciava, contrastando gli affari sospetti, sono non solo condannati ma addirittura in carcere al 41bis, come l’ex governatore della Misericordia di Isola (e vice di quella nazionale) Leonardo Sacco, condannato a 17 anni e 4 mesi. Mentre l’ex parroco don Edoardo Scordio, fondatore della Misericordia di Isola, è da 18 mesi agli arresti domiciliari, in attesa degli esisti del processo con rito ordinario, dopo sei mesi di carcere. Davvero una storia incredibile, che potrebbe far dubitare della giustizia, o almeno di una parte. Ma Carolina Girasole, che ci ha sempre creduto, sta avendo infine giustizia, anche se sono già dovuti passare più di cinque anni. Una doppia giustizia, lei assolta con formula piena e i suoi 'nemici' pesantemente condannati. Merito di giudici attenti e capaci. Ma a che prezzo? «Mi hanno distrutto», si è sfogata con noi. Lamentandosi poi che la sua seconda assoluzione sia stata ignorata dalla stampa nazionale, che invece diede grandissimo risalto al suo arresto, all’arresto di una 'paladina dell’antimafia'. E ora chi ridarà questi anni a Carolina, donna e sindaca pulita e coraggiosa? Che aveva individuato e combattuto i veri nemici della sua terra e della sua gente, come ora si riconosce anche in tribunale.

C’è molto da riflettere, soprattutto in questi giorni che vedono la magistratura in piena crisi. E certo vicende come quella di Girasole non aiutano a rafforzare la fiducia dei cittadini. Però c’è sempre 'un giudice a Berlino'. C’è per la sindaca di Isola di Capo Rizzuto, come per i fratelli Antonio e Nicola Diana, imprenditori simbolo della lotta al clan dei casalesi, o per l’ex parlamentare Ds Lorenzo Diana, uno dei primi a opporsi allo strapotere del clan che solo dopo quattro anni si è vista archiviata l’accusa di essere invece colluso, o ancora per l’ex presidente della Campania, Antonio Bassolino che dopo ben 16 anni è stato assolto anche in appello per presunte irregolarità nella gestione dei rifiuti durante le emergenze vissute a Napoli tra 2003 e 2005. Questo solo nelle ultime settimane. Storie che hanno visto un sorprendente accanimento contro il mondo dell’antimafia, più che verso la mafia. Quasi che questo desse più risalto alle inchieste. Poi, però, passano gli anni, arrivano le assoluzioni e nessuno ne parla e ne scrive. Neanche, come nel caso di Girasole, quando a essere condannati sono quelli che lei combatteva.

Riflettere su tutto questo non è mettere in dubbio il preziosissimo e efficace lavoro dei magistrati. Spesso silenzioso, senza clamori e riflettori. E con grandi risultati. Anche perché se a sbagliare, accusando, sono stati dei magistrati (inquirenti), altri magistrati (giudicanti) hanno chiarito, valutato e assolto. Il sistema funziona, insomma. Ma per farlo funzionare meglio andrebbero fatti emergere e spiegati bene i gravi errori, non solo gli importanti successi. I magistrati dovrebbero parlare soprattutto col loro lavoro, e andrebbero aiutati, con mezzi e procedure, a farlo ancora meglio, evitando, invece, riforme punitive o delegittimanti. Però magari qualche volta potrebbero anche ammettere di aver sbagliato, chiedendo scusa. Sarebbero più credibili e forti. E oggi ne abbiamo davvero bisogno. Come abbiamo bisogno di una narrazione completa, con più dubbi e meno certezze. Che non accetta acriticamente le tesi accusatorie, sposando il giustizialismo sempre più di moda. Su queste colonne lo ripetiamo da anni e cerchiamo, coi nostri limiti, di essere conseguenti: abbiamo bisogno, e dobbiamo pretendere e da giornalisti realizzare, una narrazione davvero completa, non solo quella delle manette e delle lenzuolate di intercettazioni, ma anche quella dei «la Corte assolve ». Perché una giusta e motivata assoluzione non è una sconfitta, ma una vittoria della giustizia.

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