Putin arruola il tempo (più dura più fa male)
sabato 2 luglio 2022

«Non c’è nulla di più forte di quei due combattenti: tempo e pazienza». Al quinto mese di guerra c’è da credere che la strategia di Putin esca dritta dalle parole di Kutuzov in 'Guerra e Pace'. Sembra infatti che si voglia tirarla per le lunghe, scommettendo sul cedimento militare dell’Ucraina e sulla crisi dell’Unione Europea. Dalle parti di Mosca l’inverno è infatti più vicino di quanto appaia da Roma e anche da Bruxelles, e per quel tempo non è detto che la Ue avrà risolto i suoi problemi di gas e sappia gestire la crisi sociale portata dall’aumento dei prezzi al consumo e forse anche gli ucraini non avranno più la stessa voglia di combattere. Sul campo Kiev inizia ad avere problemi di munizioni, armi, carburante, ma soprattutto di uomini.

Lo stesso Zelensky, forse esagerando, lamenta mille perdite al giorno. Anche a dimezzarle e con tutti gli aiuti occidentali l’Ucraina potrebbe non sostenere a lungo la battaglia di attrito che si sta sviluppando a Est. Lo smantellamento dei posti di blocco nelle città dell’Ovest non è un buon segno: man- cano uomini da mandare nel tritacarne del Donbass. Non si tratta solo di numeri, ma anche delle capacità tecniche del personale.

L’armamento occidentale impone infatti una sostenibilità logistica e manutenzioni non paragonabili a quelle necessarie al rustico armamento ex sovietico. In Donbass non servono dunque solo soldati adde-strati, ma tecnici elettronici, meccanici di artiglieria e di mezzi corazzati, armieri, figure professionali che la Nato ha impiegato decenni a formare e che l’Ucraina deve invece creare in qualche settimana. Infine, mancano – e in gran numero – pezzi di ricambio. Basti pensare che dopo un giorno al fronte una batteria di sei obici Usa M777 ne avrà persi almeno due per rotture o manutenzioni. Per resistere non basta più inviare armi e munizioni, occorre garantire un flusso costante di uomini addestrati, pezzi di ricambio e personale in grado di utilizzarli. C’è tempo? I russi scommettono di no. Abbandonati gli assalti di fanteria che tante perdite avevano causato nel primo mese d’invasione, ora Dvornikov, il sessantunenne comandante russo in teatro (se è ancora lui al comando, difficile avere conferme certe), punta sull’artiglieria.

Distruggere i centri abitati con il fuoco, avanzare di pochi chilometri risparmiando la fanteria e infischiarsene dei civili intrappolati nelle tante sacche di resistenza: questa la gelida idea. I russi, ora, hanno nel mirino le artiglierie occidentali perché le sole in grado di colpire le loro, compito invece quasi impossibile per i malandati cannoni ucraini di produzione ex-sovietica, peraltro a corto di munizioni. Concentrarsi in Donbass ha infine fatto bene alla logistica russa, che ora può contare su ferrovie intatte che da Belgorod collegano Lugansk e Donetsk. Lo stesso non vale per Kiev la cui rete ferroviaria è più estesa e perennemente sotto attacco aereo.

Per concludere, uno sguardo al 'fronte nord', quello di Kaliningrad, dove la Lituania sta imponendo l’embargo ai convogli che transitano lungo il corridoio di Suharti, la ferrovia di 65 km che collega la città alla Bielorussia. Per ora, oltre all’indispettita reazione di Mosca, non sembra accadere nulla, ma è bene ricordare che a Kaliningrad da tempo sono schierati gli Iskander M, missili con capacità nucleare in grado di raggiungere tutte le capitali del nord Europa.Tempo e pazienza scioglieranno una matassa ogni giorno più dolorosa e intricata? Kutuzov, e Putin, pensano di sì.

Analista e docente, già generale dell’Esercito italiano

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