Perché l'astensione non va più tenuta tra parentesi ed è fatto politico
giovedì 16 giugno 2022

Gentile direttore,
con riferimento alle recenti elezioni amministrative in Italia, mi sembra che i vari commentatori dei nostri media non sottolineino abbastanza il fenomeno dell’assenteismo in continua crescita e non mi riferisco ai referendum, ma alle elezioni politiche e amministrative. Alla luce di un’astensione del 50% degli elettori sarebbe importante mostrare i risultati dei vari partiti dimezzandone la percentuale. Inoltre, si dovrebbero fare ripetuti sondaggi nei riguardi dei non votanti, per cercare di comprenderne le motivazioni, oltre alle fasce di età.

Fabrizio Treglia


Questo è il giornale che in titoli (a partire dalla prima pagina: «Non voto di sfiducia»), analisi e commenti (compreso il mio) ha dato più rilievo al dato dell’astensione su cui lei, gentile lettore, giustamente insiste. Detto questo, si sa: in democrazia pesa e decide chi partecipa. E quella fotografia che ogni elezione ci restituisce è reale: col metro di cui disponiamo, quella è l’altezza (i consensi) dei partiti e il crescente assenteismo non la taglia a metà. Eppure, la ferita è grave e aperta, e non prenderla sul serio, come lei invece invita a fare, rischia di farla infettare sempre più. Non si può continuare a dimenticare l’astensione – e ciò che dice e grida – sino al prossimo turno elettorale, scivolando sempre più lungo questa pessima china. Anche le inchieste demoscopiche possono essere utili per capire che cosa bolle in pancia al Paese e dove vanno la testa e il cuore di tanti sfiduciati e polemici con l’attuale offerta partitica, ma soprattutto servono luoghi (fisici e digitali, ma certamente fisici e mai solo digitali) dove la partecipazione politica possa realizzarsi concretamente prima – sottolineo: prima! – del voto. Penso, insomma, che il voto degli italiani per esserci e per essere solido e vasto non deve essere ancora ridotto di fatto alla sola scelta-delega in riferimento a un capo politico o a un parlamentare o a un sindaco, ma deve essere per tanti, se non proprio per tutti, il culmine di un’esperienza di partecipazione in cui valori, visioni, attese, interessi sono investiti e composti insieme. Questo, anche per me, è fare politica. L’astensione non è un dato umorale, è serio fatto politico.

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