Perché diciamo già da settimane che Joe Biden è «presidente eletto»
giovedì 17 dicembre 2020

Gentile direttore,
vedo che “Avvenire” continua a definire Joe Biden “presidente eletto”. Una scelta che contrasta però con quanto leggo su un sito di informazione “indipendente”, dove trovo questa precisazione “non esiste ancora una proclamazione da parte degli organi preposti”, e dove si ricorda che dopo il voto dei grandi elettori che c’è stato lunedì 14 dicembre, l’elezione sarà “formalizzata solo il 6 gennaio 2021 dal Parlamento”. Quindi come si può parlare di presidente già eletto? Mi sembra un poco strano. E giustamente, sempre tra giornalisti “indipendenti”, c’è chi ha scritto che “è scandaloso il silenzio dei media riguardo tutto quello che sta accadendo negli Usa, a oltre un mese dalle elezioni” che sono state viziate secondo molte fonti da brogli. Non scrivo per polemica, ma per avere chiarezza, confermandole l’attenzione con cui seguo il suo quotidiano. Un cordiale saluto, con auguri di buon lavoro e di buone e sante festività natalizie.

Remo Fantozzi

Caro e gentile lettore, definiamo Joe Biden “presidente eletto” degli Usa perché lo è. E questa dizione formale e la sostanza che essa rende evidente sono sia un dato di fatto (ancor più dopo il voto dei grandi elettori del 14 dicembre anche se sino al 6 gennaio l’evento non sarà “definitivo”) sia una bella tradizione americana quasi sempre onorata: chi ha vinto le elezioni è il “presidente eletto”, mentre il “presidente in carica” – sebbene, come oggi nel caso di Donald Trump, sia un rieleggibile non rieletto – riconosce con fair play la sconfitta e accompagna la transizione, modulando con rispetto del volere dei concittadini la sua politica. Insomma, gentile signor Fantozzi, il verdetto nelle elezioni più partecipate della storia di quella grande democrazia è chiaro da settimane. Da quando, appunto, anche noi abbiamo cominciato a chiamare Biden “presidente eletto”. Da quando è apparsa chiara la pretestuosità e l’inconsistenza delle accuse di brogli. Le decine e decine di ricorsi presentati dagli avvocati di Trump sono stati tutti rigettati (tranne uno in Pennsylvania per, testuale nella sentenza, “una manciata” di schede). La Corte Suprema, a netta maggioranza “conservatrice” in forza di tre giudici nominati da Trump, ha infine rigettato seccamente l’ammissibilità stessa del ricorso, effettivamente lunare, del Texas contro i sistemi elettorali di altri Stati dell’Unione che da anni regolano e garantiscono anche il voto postale. Insomma, se posso darle un consiglio, si guardi da certi sedicenti “indipendenti”. Si è indipendenti quando si ha il coraggio di dire le cose come stanno. Senza avvelenare i pozzi dell’informazione.

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