mercoledì 27 giugno 2018
Non si tratterà formalmente del 'terzo Sinodo' sulla famiglia, dopo le assemblee del 2014 e del 2015, ma quello del prossimo ottobre sarà inevitabilmente impastato di familiare...
Archivio Ansa

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Non si tratterà formalmente del 'terzo Sinodo' sulla famiglia, dopo le assemblee del 2014 e del 2015, ma quello del prossimo ottobre sarà inevitabilmente impastato di familiare e avrà una serie di corposi e irrinunciabili riferimenti alla realtà domestica. Non solo perché i giovani da lì arrivano, lì sono nati, amati, cresciuti, educati, sostenuti, incoraggiati. Lì hanno, nel bene e nel male, radici profonde.

Della famiglia, in cui per la maggior parte ancora vivono soprattutto in Occidente, i giovani portano i segni insopprimibili. Spesso nel segno della coerenza e della continuità quando è trampolino di lancio, stimolo alla crescita, testimonianza di bene. Ma anche non di rado, purtroppo, come ansia di rottura, voglia di smarcamento, rabbia che si esprime nel prenderne le distanze quando le pareti domestiche si sono rivelate gabbia soffocante, ambito di condizionamenti negativi, talvolta spazio di cupa oppressione.

Ecco perché, come ammette l’Instrumentum laboris pubblicato nei giorni scorsi, «vi è un profondo legame tra questo Sinodo e il percorso di quelli immediatamente precedenti, che occorre mettere in risalto». Anche, se in questa occasione, cambierà la prospettiva d’indagine. E si tratterà di un punto di vista tanto importante quanto scomodo, perché nulla come lo sguardo di un giovane riflette coerenze e fatiche delle proprie origini.

Nulla come lo sguardo di un giovane rivela l’accoglienza o il rifiuto di un’identità familiare. Ma, d’altra parte, nulla come l’atteggiamento di un giovane verso la propria famiglia svela quanto quel modello, quelle tradizioni, quelle scelte possano essere punto di partenza per uno sviluppo armonico sulla traccia di quanto offerto e accolto, oppure quanto delusioni e fallimenti impongano una revisione profonda, un distacco, una scelta di discontinuità.

D'altra parte la forza della famiglia, le sue capacità di tenuta e di rinnovamento, pur in mezzo alle fragilità e ai fallimenti, è condensata anche nella capacità o nell’ineluttabilità di non essere mai uguale a se stessa, di non poter essere programmata su registri preordinati una volta per sempre, di adeguarsi ai diversi contesti sociali e culturali. Il documento vaticano in preparazione al Sinodo sottolinea aspetti problematici nel rapporto tra giovani e adulti che sono pane quotidiano delle dinamiche familiari. La figura materna come «riferimento privilegiato», quella paterna che troppo spesso si rivela «evanescente e ambigua».

Ma anche i vuoti e le fatiche delle famiglie monogenitoriali e la figura dei nonni – quando ci sono e sono facilmente 'raggiungibili' non solo in termini di distanze chilometriche – come punto di riferimento sicuro per «la trasmissione delle fede e dei valori». Sullo sfondo una crisi diffusa del mondo adulto, in cui il conflitto generazionale sembra aver lasciato spazio a una 'reciproca estraneità' oppure a un tentativo di rifugiarsi in un ambito soltanto affettivo, dove la trasmissione educativa e valoriale rimane tanto complessa da risultare ormai poco diffusa, quasi residuale.

Tanto è vero che uno degli aspetti più delicati di questo processo educativo, quello all’affettività e alla sessualità, presenta dubbi e incertezze tali da apparire sempre più problematico. Appare incredibile che nel pansessualismo ossessivo che impregna la nostra società, dove sembra che nulla ci sia più da scoprire o da rivelare, non solo le famiglie hanno smarrito le parole per spiegare la verità del corpo e la bellezza della fecondità, ma di fronte a un distacco esplicito e riconosciuto tra le indicazioni della morale sessuale e i comportamenti ordinari della maggior come riferiscono tante indagini autorevoli e l’Intrumentum laboris conferma, «matrimonio e famiglia restano per molti tra i desideri e i progetti che i giovani tentano di realizzare».

Si tratta allora da una parte di mettere a punto modalità nuove e non scontate per accompagnare i giovani alla bellezza della vita di coppia, all’amore fecondo, alla scoperta della propria vocazione familiare e, dall’altra, di aiutare le famiglie a educare. Cioè educarsi a educare, che è la sfida più complessa e più difficoltosa perché comprende quella dimensione matura e consapevole di 'adultità' che, in una dimensione sociale segnata da un’adolescenza senza fine, appare approdo sempre più remoto.

Nel documento vaticano si sottolinea infatti che «i due punti strategici su cui investire le energie pastorali» sono i percorsi di preparazione al matrimonio e l’accompagnamento delle giovani coppie. Ecco perché non si può parlare di giovani se non in riferimento alla famiglia che rimane «soggetto privilegiato dell’educazione». Come d’altre parte non si può parlare di famiglia dimenticando il suo ruolo primario e propulsivo, quello di essere innanzi tutto scuola di vita e di amore.

La piattaforma ecclesiale per avviare una riflessione capace di cucire le varie età della famiglia in una naturale circolarità di senso e di prospettive, esiste già e – come riconosce l’Instrumentum laboris – è il capitolo VII di Amoris laetitia dedicato appunto all’educazione dei figli. Bisognerà ammettere che, tutti compresi a discutere, indagare e strapparsi le vesti per quanto scritto nel capitolo successivo del documento di papa Francesco – quello dedicato alle situazioni 'dette irregolari' –, le parole forti e originali sull’educazione sono state pressoché ignorate.

Dimenticanza spiacevole visto che qui emerge davvero la sapienza umana di un pastore capace di prendere per mano le famiglie e accompagnarle, con paziente realismo, lungo i percorsi dell’educazione. Da quelli solo apparentemente più scontati come l’educazione della volontà e l’inclinazione al bene, a quelli più impegnativi, come la formazione morale, il valore della sanzione come stimolo, la capacità del discernimento, fino al consumo critico e all’educazione digitale.

Non si tratta evidentemente di un manuale normativo che si propone di imporre modelli indiscutibili. Strategie e proposte educative non sono verità di fede. Ma riprendere quel capitolo e «approfondirlo in un’ottica sinodale» – come si sollecita nell’Instrumentum laboris – potrebbe rappresentare una saldatura efficace tra l’esigenza espressa da molte conferenze episcopali di «approfondire il ruolo indispensabile della famiglia come agente pastorale attivo nell’accompagnamento e del discernimento vocazionale dei figli» e quanto affermato dai giovani stessi nella Riunione presinodale a proposito della centralità educativa della famiglia. «Varie conferenze episcopali – si legge ancora nel documento in preparazione del Sinodo – hanno preso coscienza che investire energie per formare buone famiglie non significa sottrarre forze alla cura dei giovani».

Anzi, è esattamente l’opposto. Senza famiglie i giovani non crescono, senza giovani la famiglia non ha né futuro né speranza di rinnovamento. Avviare una riflessione organica, tenendo insieme tutti gli elementi della realtà familiare, non è quindi alchimia pastorale ma rispetto di una verità umana, prima ancora che teologica, che trova nell’alleanza tra le generazioni il suo autentico fondamento e il suo progetto di salvezza.

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