mercoledì 31 marzo 2021
In discussione la disposizione in materia di adeguamento alla speranza di vita dei requisiti di accesso ai trattamenti. Secondo l’Istituto, va applicata anche a tutti gli iscritti al Fondo Clero
Pensioni dei sacerdoti, l'Inps insiste. Ma le norme dicono altro
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Gentile direttore,
scriviamo in merito all’articolo apparso sul vostro quotidiano in data 25 marzo dal titolo «Più difficili gli assegni destinati ai sacerdoti» a firma di Vittorio Spinelli. La disposizione normativa in materia di adeguamento alla speranza di vita dei requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici si deve espressamente applicare anche ai regimi e alle gestioni pensionistiche per cui siano previsti requisiti diversi da quelli vigenti nell’assicurazione generale obbligatoria. Per approfondimenti, si veda l’articolo 12, comma 12 quater del decreto legge n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010. Gli iscritti al Fondo Clero possono attualmente conseguire la pensione di vecchiaia al perfezionamento di 69 anni di età (68 + adeguamenti alla speranza di vita) e 20 anni di contribuzione, oppure di 66 anni di età (65 + adeguamenti alla speranza di vita) e 40 anni di contribuzione. L’adeguamento alla speranza di vita dei requisiti di accesso a pensione è un meccanismo di fatto generalizzato, che trova applicazione anche a requisiti anagrafici più elevati dei 68 anni; trova infatti applicazione anche al requisito anagrafico di 70 anni, previsto per l’accesso alla pensione di vecchiaia con 5 anni di contribuzione (articolo 24, comma 7, del decreto leg- ge n. 201 del 2011). Gli iscritti al Fondo Clero, che possono far valere periodi contributivi non coincidenti presso altre forme previdenziali obbligatorie, possono richiedere un unico trattamento pensionistico mediante l’istituto della totalizzazione, prevista dal decreto legislativo n. 42 del 2006. Non trova invece applicazione agli iscritti al Fondo Clero l’istituto del cumulo dei periodi assicurativi (articolo 1, comma 239, della legge n. 228 del 201). Per l’accesso alla pensione in totalizzazione è richiesto il perfezionamento di specifici requisiti anagrafici e contributivi che prescindono da quelli delle singole gestioni interessate. Per la pensione di vecchiaia in totalizzazione è attualmente richiesto il requisito di 66 anni (65 + adeguamenti alla speranza di vita) e 20 anni di contribuzione. Per la pensione anticipata in totalizzazione è richiesto il requisito contributivo di 41 anni di contribuzione (40 + adeguamenti alla speranza di vita). Per i trattamenti in totalizzazione è prevista inoltre una finestra di accesso a pensione, pari a 18 mesi, per l’accesso alla pensione di vecchiaia, e a 21 mesi, per l’accesso alla pensione anticipata. Restando a disposizione per ulteriori chiarimenti, cogliamo l’occasione per porgere i nostri più cordiali saluti

Ufficio Relazioni con i media Inps

Il direttore mi invita a rispondere all’Inps in merito al recente articolo «Più difficili gli assegni destinati ai sacerdoti». Nell’articolo, ho segnalato come la 'speranza di vita' sia impropriamente applicata anche al Fondo di previdenza per il clero. Riprendo volentieri l’argomento e, per connessione, anche quello dell’unificazione di contributi sulla quale, in questa occasione, l’Istituto di previdenza ha voluto soffermarsi. L’adeguamento della speranza di vita e i suoi effetti per la previdenza trovano origine nella legge 122/2010, che ha una portata generale, tanto da comprendere anche i regimi che presentano un’età pensionabile diversa dai 65 anni dell’assicurazione generale. La legge precisa che si tratta delle Forze Armate, dei Vigili del fuoco e dei minatori che all’epoca vantavano 'requisiti ordinamentali' minori. L’Inps aggiunge il Fondo Clero. Ma da un’attenta lettura della norma si intuisce che il legislatore ha voluto riferirsi a quelle categorie che all’epoca presentavano un’età inferiore a quella della generalità. Dunque, non solo non è logico applicare au- menti all’età già più elevata per il clero di 68 anni, ma la stessa categoria dimostra che non si è sottratta all’aumento per la propria pensione anticipata, passata da 65 a 66 anni e con 40 anni di contributi. Per la pensione tutta contributiva a 70 anni, estranea al Fondo e pur citata fra i chiarimenti dell’Istituto, ha provveduto invece una norma diversa (decreto 201/2011). Sulla totalizzazione dei contributi (decreto 42/2006) conveniamo tutti che ne hanno diritto i sacerdoti e anche i laici comunque interessati ai contributi del Fondo Clero. Tuttavia, il decreto prevede per le pensioni totalizzate il regime delle 'finestre' che allungano la decorrenza dell’assegno. Un successivo messaggio Inps (n. 13572 del 12 giugno 2008) esclude, però, come norma generale il Fondo Clero dall’applicazione di qualsiasi finestra. Su questa diversità di regole non sono stati emessi opportuni chiarimenti. Al momento quindi anche la totalizzazione presenta motivi di ambiguità. Quanto al cumulo gratuito dei contributi (legge 228/2012), a smentire l’Inps, che ritiene di escludere il clero dal relativo diritto, è la relazione del Servizio Studi della Camera dei deputati, dal titolo 'Riforma previdenziale ed età pensionabile' (febbraio 2019) e l’allegata tabella riassuntiva. Nel documento – che è anche un invito gli uffici della previdenza a recepire l’indirizzo legislativo – si conferma l’universalità del cumulo gratuito a tutte le forme assicurative (esteso per la prima volta alle Casse dei liberi professionisti) compreso il Fondo Clero. Sarebbe altrimenti palese l’incostituzionalità di questa legge. Devo infine rilevare che, nel profluvio di riferimenti a norme e circolari, l’Inps continua a non considerare la sentenza della Corte di Cassazione n. 2757 dell’8 febbraio 2006 (più volte segnalata sulle colonne di 'Avvenire') che non ammette interpretazioni restrittive delle norme riferibili al Fondo Clero. Mi auguro che anche il criterio normativo della Cassazione sia fatto proprio dagli uffici dell’Inps a garanzia dei diritti previdenziali di tutti i ministri di culto.

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