Omicron sapessi com'è strano sentirsi abbandonati a Milano
venerdì 31 dicembre 2021

Sapessi com’è strano sentirsi abbandonati a Milano. Alle ultime amministrative a sostegno di Beppe Sala c’era anche una lista 'Milano in Salute' – un consigliere eletto, Marco Fumagalli. Non so come si senta lui (politicamente parlando) in questi giorni. Io, come molte decine di migliaia di miei concittadini se non tutti, mi sento così: abbandonata.

Ed è davvero strano, qui a Milano. Investita dalla bufera Omicron con una persone a me cara, anzi carissima, anzianissima e fragile, in mezzo ai tantissimi positivi, isolati o che attendono – beati loro! – un tampone d’uscita dal tunnel. Code mostruose di ore e ore con la gente che si accapiglia ai drive through. Medici di base oberati, farmacie intasate: il reportage di Francesco Ognibene alla ricerca di tamponi ('Avvenire', 28 dicembre 2021) ha rappresentato perfettamente il girone infernale. Regione Lombardia, è del tutto evidente, si è fatta cogliere in contropiede anche dal secondo tsunami. La malattia ora sarà anche meno grave, la prognosi più difficilmente infausta – almeno per i tri o bi-vaccinati – ma è un vero tsunami, non diverso da quello che ha investito Londra, Parigi, New York. Mai vissuto niente del genere: questa è Milano o sto sognando? Come uno di quegli incubi dai quali ti pareva di esserti svegliato e invece stai dormendo ancora, in un loop senza fine.

Nel corso dell’Italian Pride, mentre tutti ci facevamo i più vivi complimenti per il nostro fantastico mo- dello a bassa positività, ci sarebbe stato tutto il tempo per organizzarsi. Se hai più di 100mila casi al giorno in Germania difficilmente la cosa non riguarderà anche te, a cominciare dalle Regioni del Nord. E invece se vuoi curarti devi pagare praticamente per tutto: tamponi – che in gran parte d’Europa sono gratis e con accesso in tempo reale: perché qui no? –, assistenza domiciliare – le famose Usca: dove sono? –, prezzi alle stelle per Ffp2 d’ordinanza e saturimetri, quando li trovi. Qualcuno, nessun dubbio, sta facendo ottimi affari con Omicron. Ma anche pagando se ne hai le possibilità, le liste d’attesa in genere scavallano l’Epifania.

Omicron è praticamente l’unico argomento di conversazione per i milanesi di ogni ordine e grado, che compulsano le pagine social di Regione dove tra un bollettino e l’altro – sempre peggio – si magnificano le imprese sciistiche di Dominik Paris sulla pista dello Stelvio, si parla di prezzario dei lavori pubblici e per il resto è tutto un 'faremo', 'stiamo organizzando', 'ci siamo quasi'. Allora vai a cercare una consolazione da parte del sindaco, della vicesindaca, di qualche assessore, basterebbe anche un consigliere comunale. Ma uno parla dei botti di Capodanno, l’altro di tutela degli spazi culturali, delle minacce islamiste alla consigliera Silvia Sardone, della comandante dei vigili di Ossona. Palazzo Marino momentaneamente su Marte.

Nessuna corrispondenza tra i sentimenti, le preoccupazioni, le difficoltà che la gente sta affrontando e i governi della città e del territorio. Una lontananza siderale che – non ci si faccia illusioni – i cittadini patiscono e non dimenticheranno facilmente, e che farà crescere persino a dismisura la sfiducia nelle istituzioni (e poi ci si chiede perché tante e tanti non votano più). Vero che il Comune non ha competenza in materia di sanità. Ma forse qualcosa potrebbe fare, un supporto amministrativo alla Regione lo potrebbe offrire. Ma il punto non è questo. Il punto, se posso dire, è amore. È offrirsi come riferimento a una comunità comprensibilmente disorientata, come farebbe una madre o un padre di famiglia: se non fai politica per amore del mondo, perché la fai? Il punto è non girare la faccia dall’altra parte, restando in apnea in attesa di picco e discesa.

Non si tratta nemmeno di attaccare gli avversari politici che governano la Regione, inchiodandoli alle loro responsabilità. Tutt’altro: l’auspicio è alla massima collaborazione nell’interesse dei cittadini. Si tratta del fatto che 'Milano in salute' non dovrebbe essere solo una sigla di moda per raccattare voti. La 'cura' non può essere solo un ottimo slogan per il marketing politico, né tanto meno per ingrassare chi con le ma-lattie ci fa ottimi affari (120 euro per un tampone molecolare!).

Cura, come si sa bene, è anzitutto relazione, vicinanza, condivisione, farsi carico dei guai dell’altro. Tutto il resto – tamponi, saturimetri, farmaci – sono solo strumenti. Cura, per dirlo alla buona, è il contrario della finta efficienza dei centralini, digita 1, digita 2. È volere bene alle tue cittadine e ai tuoi cittadini in un momento così difficile, dicendo che sei loro vicino con trepidazione e amore, e che farai tutto ciò che puoi, anche se quello che puoi magari è poco, per diminuire sofferenze e fatiche. La politica è una cosa bella, bellissima per questo.

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