venerdì 19 giugno 2015
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​La visione di papa Francesco viene da una lunga e appassionata frequentazione dell’argomento, che lo ha convinto a farne un tema di primo piano nell’agenda della dottrina sociale della Chiesa. L’idea di fondo è che i problemi comunemente rubricati sotto il segno dell’ecologia sono sintomi, prima ancora che cause, di un dissesto etico-antropologico del pensiero e dell’azione creativa dell’uomo. Di qui viene una prima chiave di lettura complessiva del testo, assai corposo e molto articolato, dell’enciclica Laudato si’.Nell’interesse per la casa comune (oikos, appunto, da cui anche ecologia) si è aperta una falla consistente, della quale il buco nell’ozono è per così dire una metafora. Nel contesto odierno, la proiezione di questa epidemia è fatalmente globale: non la fermi aggravando i controlli agli aeroporti. Se il mondo della natura diventa una semplice riserva di materie prime, e si vogliono società di individui senza comunità di spiriti e circolazione di doni, tutto ciò che è comune è destinato a riempirsi di crepe, di rifiuti, di scarti. Materiali e umani.L’interrogazione che il Papa cattolico rivolge al mondo, e non solo ai credenti, va dritta al sentimento collettivo dell’umana convivenza sul pianeta. Ci appassiona ancora l’idea della terra come casa comune, alla cui bellezza dedicare una parte irrinunciabile delle nostre invenzioni e del nostro lavoro? Ci emoziona ancora l’immagine della convivenza dei popoli, i cui successi ci rendono orgogliosi di appartenere al genere umano?

 

Siamo ancora capaci di stupirci dell’enigma di questa miracolosa palletta umida, colorata, e piena di vita, che non assomiglia a niente di niente, fra tutti i milioni di mondi ai quali abbiamo dato una sbirciatina? La terra «ci precede», dice Francesco. E noi «non siamo Dio»: potremmo metterci d’accordo almeno su questo? Dipendesse solo da noi, non sapremmo proprio come far vivere un mondo. Non è scientificamente stupido pensare di usare la terra solo per ingozzarci di merendine e giocare con le macchinine?Secondo la parola biblica l’essere umano è la forma spirituale della vita in cui il mondo si riconosce come creazione di Dio. E l’atto creatore è il segreto dell’attitudine del mondo a offrire doni sempre nuovi, che gli esseri umani possono trasformare in beni condivisi. Questa parola biblica non è mai stata così indispensabile, forse, come lo è ora (n. 62). Incombe infatti una cultura predatoria dell’affermazione individuale di sé, e stili di vita collettiva corrispondenti, che campano sul saccheggio delle risorse comuni e sulla distruzione delle forme naturali. Non dobbiamo "strappare" alla natura e alla vita i suoi segreti: dobbiamo "chiederli".Nella questione ecologica non si tratta, in ogni caso, solo di un degrado meramente passivo, consumistico, residuale. L’umano ingegno ci mette del suo, per così dire. Ed ecco il secondo vettore di attenzione dell’enciclica, che impone di metterci una mano sulla coscienza, invece di intrattenerci con ecologismi ideologici e di maniera.La tecnica sovrana, insegnava l’antica sapienza, è la politica; e la regola sovrana è la giustizia. La politica è governo della casa comune, economia domestica su larga scala. Nel nostro mondo globalizzato è cresciuta la superstiziosa tendenza a trasferire l’"oikonomia" salvifica della casa comune alla finanza e alla scienza, sottraendola alla politica. Gli effetti dannosi dell’avidità finanziaria e dell’ossessione tecnocratica, che consumano indiscriminatamente le forme e le forze vitali della terra, e allargano le porzioni dell’umanità consegnate alla povertà materiale e spirituale, sono ormai sistemici. L’omologazione culturale e giuridica del loro arbitrio, complice l’egemonia del relativismo, favorisce l’indifferenza e la rassegnazione. L’intellighenzia d’Europa (e d’Occidente) è ormai un vero e proprio caso umano: causa, e vittima essa stessa, di una febbre che ha contagiato le culture e le coltivazioni, l’habitat sociale e l’ambiente fisico, la costruzione delle macchine e l’educazione dei bambini. Dopo aver esaltato l’umanesimo spirituale della persona, ora l’intellettuale europeo si mostra servizievole verso la sua manipolazione biologica. La signorìa dispotica del denaro e della tecnica, dal canto suo, sostiene ormai, con disinvolta imparzialità, tanto il materialismo consumistico quanto i fondamentalismi teocratici.Di qui viene il pressante invito dell’enciclica a un bagno di umiltà, per l’Occidente, e a una nuova riconciliazione delle culture con il mistero dell’atto creatore di Dio (n. 224). La vera religione non ha nulla a che fare con le potenze mondane del dissesto planetario e dei sacrifici umani. Intellettuali organici e politici conniventi non si lasceranno convertire tanto facilmente. I popoli, però, hanno ragioni d’amore per l’umanità condivisa che sono più profonde e tenaci di quelle degli apprendisti stregoni e dei falsi profeti (n. 233). Non per caso, l’enciclica è indirizzata a tutti gli uomini e le donne del pianeta (n. 13). Del resto, quando si tratta di ascoltare i gemiti della creatura, che vuole nascere e rinascere, lo Spirito di Dio «non fa preferenze di persone, ma chiunque lo teme e pratica al giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto» (Atti 10, 34-35).

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